18 febbraio 2014

RETI URBANE DI TRASPORTO: LINEE GUIDA PER L'ANALISI E IL PROGETTO

La mobilità efficiente e sostenibile rappresenta una delle fondamentali esigenze da soddisfare in un contesto socio-economico particolarmente complesso come quello delle città.
Il Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri ha scelto, come tema per il primo volume della nuova collana tecnica, l’analisi e il progetto delle reti urbane di trasporto, pubblicando il documento “Reti urbane di trasporto: linee guida per l'analisi e il progetto”, consultabile a questo link.

Il progetto di ricerca è suddiviso in cinque azioni principali, legate ai livelli della metodologia:
1) metodi per la valutazione delle alternative (Università di Cagliari);
2) metodi per l’analisi dell’interazione domanda-offerta con domanda elastica (Università di Salerno);
3) metodi per il progetto della regolazione di intersezioni a livello locale (Università di Genova);
4) metodi per il progetto della regolazione di intersezioni a livello di area (Università del Sannio);
5) metodi per il progetto della topologia (Università di Reggio Calabria).

Per ogni azione principale sono state svolte le seguenti attività:
I) analisi dello stato dell’arte sui metodi e sui principali software disponibili sul mercato più diffusi in letteratura per l’analisi e il progetto funzionale delle reti di trasporto stradali;
II) sviluppo di metodologie applicabili in contesti reali;
III) applicazioni su sistemi reali con lo scopo di effettuare analisi statistiche sulla precisione e l’affidabilità dei metodi e sulle prestazioni garantite dai metodi di progettazione;
IV) stesura delle linee guida per l’analisi ed il progetto delle reti di trasporto stradali.


Il volume è composto da sette capitoli ai quali seguono delle appendici. Dopo l'introduzione, il capitolo 2 approfondisce gli aspetti generali. Il capitolo 3 delinea i passi fondamentali della programmazione e della pianificazione dei sistemi di trasporto in ambito urbano; il capitolo 4 si occupa degli aspetti principali di un possibile iter amministrativo e il successivo capitolo 5 descrive la documentazione minima da produrre. Il capitolo 6 descrive gli aspetti principali delle procedure metodologiche di implementazione, mentre il capitolo 7 introduce gli interventi di gestione della domanda, del traffico e dell’informazione mediante sistemi di trasporto intelligenti. Le linee guida terminano con le appendici, che contengono le principali normative di riferimento e una bibliografia essenziale.

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ENERGIA EOLICA

I parchi eolici producono effetti molti limitati sull'ambiente circostante e sul clima. Lo ha rilevato uno studio pubblicato da Nature Communications e condotto da ricercatori del Cea (Ente francese per l’energia atomica e le energie alternative), del Cnrs (Centro nazionale della ricerca scientifica, la più grande organizzazione pubblica del genere in Francia) e dell’Università di Versailles, in collaborazione con Enea e Ineris (l’Istituto nazionale che si occupa di impatto ambientale e dei rischi derivanti dal settore industriale in Francia).
“Diversi studi recenti avevano mostrato come la presenza di grandi parchi eolici potesse modificare la circolazione atmosferica, assieme a temperatura e precipitazioni. Inoltre, nei pressi di parchi eolici è stato osservato un aumento significativo della temperatura, in particolare durante la notte, quando la turbolenza prodotta dai parchi impedisce la creazione di strati di aria fredda vicino al suolo”, ricorda in premessa l'Enea.
Queste ricerche sono state però ridimensionate dal primo studio del genere a livello europeo che ha quantificato in uno scenario realistico gli effetti sul clima derivanti dall’energia eolica, la cui produzione nel nostro continente dovrebbe raddoppiare da qui al 2020. Questo studio confronta delle simulazioni climatiche fatte con e senza la presenza al suolo dei parchi eolici e mostra differenze medie di temperatura molto piccole, attorno a 0,3°C, con differenze significative solo in inverno. Lo studio mostra come queste differenze siano dovute in parte al sovrapporsi di effetti locali nella regione più interessata dalla presenza di parchi eolici e una lieve rotazione del vento proveniente da ovest.
Lo studio ha utilizzato modelli climatici regionali in Europa che includono gli effetti di impianti eolici attualmente in servizio e quelli previsti nei prossimi 20 anni.

Il costo dell'energia eolica, grazie all'innovazione tecnologica degli ultimi anni, è letteralmente crollato in Usa. E il risultato, per privati e industria, è tangibile: bollette dimezzate rispetto ai non utilizzatori dell'energia ricavata dallo sfruttamento del vento. 
A riferirlo è l'ultimo rapporto redatto dall'American Wind Energy Association che ha utilizzato varie fonti- fra cui dati ufficiali, studi governativi ed indipendenti- per tracciare un quadro esaustivo dei vantaggi concreti derivanti dall'uso dell'energia eolica.
Mentre i consumatori americani residenti in quegli stati produttori di energia eolica  (ovvero: Texas , Wyoming , Oregon , Oklahoma , Idaho , Colorado, Kansas , Minnesota , North Dakota , South Dakota , Iowa) - riferisce il rapporto AWEA- hanno visto i loro prezzi dell'elettricità diminuire del 0,37 % negli ultimi 5 anni, quelli appartenenti al resto degli USA hanno assistito ad un aumento del  prezzo dell'energia pari al 7,79 % , nello stesso arco temporale. 

A contribuire fortemente a questo boom della convenienza dell'eolico sono le migliorie applicate alla tecnologia. I sistemi, e le turbine in particolar modo, sono sempre più efficienti, la tecnologia è sempre più diffusa e i costi dell'energia, come confermato dai dati DOE, sono scesi negli ultimi quattro anni del 43%.  “Mentre il prezzo dell'energia eolica è bloccato per tutta la vita dell'impianto- commenta Goggin- quello del carburante è in continua fluttuazione. Nessun'altra fonte energetica è in grado di garantire una tale stabilità dei prezzi. E i risultati si vedono.” 

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17 febbraio 2014

I 7 PECCATI CAPITALI DEL TRASPORTO PUBBLICO

Nella relazione che il professor Andrea Boitani docente di Economia politica presso l’Università Cattolica di Milano, ha presentato a fine ottobre 2013 a Venezia, al convegno SiPoTra, dedicata alla riorganizzazione del trasporto pubblico locale, sono stati illustrati i 7 peccati capitali del settore e cioè l’insufficienza infrastrutturale, la ridotta quota di mercato del Tpl, una forte presenza di capacità inutilizzata, costi alti collegati a una produttività bassa e ricavi bassi a fronte di un’evasione alta, le risorse date senza criterio, la scarsa integrazione tariffaria e, infine, assenza di ammortizzatori sociali.

1) Insufficienze infrastrutturali ovvero sotto-dotazione di linee metropolitane e nelle principali città e di reti di metropolitane regionali nelle regioni più densamente popolate. Negli ultimi venti anni solo Napoli ha fatto registrare un netto aumento nella dotazione di metropolitane. I tempi di costruzione sono, in Italia, lunghissimi. Se a Madrid una linea di 41 km è stata costruita in 34 mesi (meno di un mese a km), a Roma e a Milano si è arrivati a più di un anno a km. Tutto ciò significa carenze nel cosiddetto trasporto rapido di massa, a più di vent’anni dalla L. 211/92, quello che più soddisfa le esigenze dei cittadini-lavoratori e dei pendolari-lavoratori.

2) Ridotta quota di mercato del trasporto collettivo nelle città e nelle aree metropolitane rispetto alle best practices europee. Solo Milano e (a una certa distanza) Napoli hanno quote del Tpl che si avvicinano a quelle più basse in Europa. Roma e Torino stanno ben al di sotto. In molte città italiane il possesso di auto è superiore a quello registrato nelle città europee di dimensioni comparabili. E ciò significa più auto in circolazione e più auto in sosta, con conseguente aumento del grado di congestione, con effetti negativi tanto sui ricavi quanto sui costi del trasporto pubblico di superficie. Ma la qualità di alcuni servizi è scarsa (bassa velocità commerciale e ritardi - a causa della cogestione ma anche per problemi di gestione); ancora scarsa utilizzazione delle tecnologie dell’informazione; vetture (o carrozze di treni e metropolitane) vecchie e sporche, ecc.

3) Presenza di capacità inutilizzata, dovuta soprattutto a inefficienti sovrapposizione di linee e contemporaneo sovraffollamento di alcuni servizi negli orari di punta. Per decenni si è proceduto secondo una logica additiva di servizi programmati, per dare segnali di attenzione politica, senza poi verificare gli effetti in termini di coefficienti di carico sulle singole linee o relazioni. La sedimentazione di “reti di servizi storici” è un problema non meno grave dell’allocazione dei sussidi sulla base della spesa storica.

4) Costi operativi per bus-km tra i più alti d’Europa; ricavi da traffico, al contrario, tra i più bassi d’Europa; di conseguenza, contributi pubblici tra i più alti d’Europa. I costi non sono più alti per il livello dei salari, ma per il basso livello della produttività, anche se sembra via siano sostanziose differenze tra le retribuzioni dei dipendenti delle grandi aziende pubbliche e quelle dei dipendenti delle piccole aziende private. Al di là delle patologie, sembra sia ritenuto fisiologico un mis-management che in altri settori non verrebbe tollerato, così come sembra sia tollerato un assetto contrattuale e relazioni industriali che favoriscono la bassa produttività.

5) Le risorse pubbliche per il settore non sono né abbondanti né scarse, a priori, sono semplicemente date con modalità tutt’altro che incentivanti e con persistente ritardo contribuendo alla formazione di un permanente indebitamento delle aziende, soprattutto da Roma verso Sud. In alcune regioni e in alcuni comuni, però, la situazione è patologica, come la recente, drammatica, vicenda di Napoli testimonia fin troppo chiaramente. Ancora, le risorse pubbliche vengono date senza molta attenzione per le implicazioni distributive. Non va dimenticato che, in generale, i maggiori beneficiari dei sussidi pubblici non sono necessariamente i cittadini più poveri ma quelli appartenenti ai ceti medi urbani. Chi è obbligato a usare l’automobile perché si muove in aree peri-urbane (dove i mezzi pubblici non arrivano e non possono arrivare se non a costi astronomici) non è necessariamente più ricco, ma paga tasse salate sui carburanti che contribuiscono a sussidiare il Tpl usato dai “cittadini”

6) L’integrazione tariffaria è diffusa a macchia di leopardo. Al primato della Campania - dove “Unico-Campania” è attivo dal 2003 - fa riscontro il ritardo della Lombardia, cioè la regione più popolosa e con la più intensa mobilità del paese. La politica tariffaria del settore non segue alcuna logica regolatoria. In effetti, si ha la sensazione che quella del Tpl sia una delle poche leve per la ricerca del consenso rimaste in mano ai politici locali (soprattutto comunali). I quali, quindi, usano tariffe, nomine e governance delle aziende pubbliche, rapporti con le (poche) aziende private come i principali strumenti politici a disposizione. E ciò spiega anche perché sia così difficile spostare la competenza sul settore al livello adeguato per la programmazione e il controllo. In questo settore, contro le intuizioni della teoria economica, c’è più cattura del regolato che del regolatore, anche perché il regolatore è, a un tempo, il proprietario, il committente e il responsabile politico. 

 

7) Il settore non è coperto da un sistema di ammortizzatori sociali che difenda i lavoratori coinvolti in ristrutturazioni industriali o in passaggi di gestione da un operatore all’altro a seguito di gare. L’assenza di ammortizzatori sociali ha spinto i sindacati a chiedere e i politici locali ad accettare l’inserimento di rigide clausole sociali nei bandi di gara e nei contratti di servizio, che è molto probabile abbiano avuto effetti dissuasivi della partecipazione alle gare da parte di imprese diverse dagli incumbents. Il recente accordo tra organizzazioni sindacali e organizzazioni datoriali relativamente all’accesso al fondo di solidarietà per il personale è un primo passo, ma c’è da temere si tratti di un passo insufficiente, data la potenziale entità della mobilità necessaria.

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10 febbraio 2014

RETI TRANS-EUROPEE DEI TRASPORTI E MECCANISMO PER COLLEGARE L’EUROPA (CONNECTING EUROPE FACILITIES CEF)

I regolamenti sul Meccanismo per collegare l’Europa e sulle linee guida per le reti trans-europee dei trasporti sono stati approvati da parte del Parlamento Europeo e dal Consiglio in dicembre 2013 e sono disponibili ai link seguenti:
Meccanismo per collegare l’europa - Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 dicembre 2013

Le linee guida delle TENT permettono di identificare la rete transeuropea prioritaria (core network) e la gestione dei 10 corridoi prioritari europei, il CEF definisce le modalità per finanziarne il completamento. 
In particolare il regolamento CEF determina le tipologie di progetti (trasporto, energia e telecomunicazioni) e le condizioni, le modalità e le procedure di ammissibilità al co-finanziamento del fondo. Il finanziamento assegnato per il periodo 2014-2020 è pari a 19,3 miliardi, cosi suddivisi:
13,2 miliardi € per le infrastrutture dei trasporti
5,1 miliardi € per l'energia e

1 miliardo € per le telecomunicazioni.

LA POLITICA EUROPEA DEI TRASPORTI E LE RETI TEN-T

La IX Commissione Trasporti della Camera ha esaminato la proposta di regolamento, approvando l'11 luglio 2012 un documento finale.
Nel settore dei trasporti l'Unione europea ha anche assunto nel corso della XVI Legislatura iniziative significative con riferimento alla sicurezza stradale, allo spazio ferroviario comune e allo spazio aereo comune.
Nell’ambito della politica europea in materia di reti transeuropee, di cui agli articoli 170-172 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), è stata da ultimo presentata la proposta di regolamento COM(2011)650 per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti TEN-T, sulla quale la IX Commissione trasporti della Camera ha approvato l’11 luglio 2012 un documento finale. Nel corso della XVI Legislatura, l’Unione europea è anche intervenuta in materia di sicurezza stradale, di costituzione dello spazio ferroviario unico e  di costituzione di uno spazio aereo comune.
La politica europea dei trasporti
Gli articoli 170-172 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)hanno confermato i contenuti della politica comune in materia di reti transeuropee, vale a dire: il concorso dell’Unione alla costituzione e allo sviluppo di reti transeuropee nei settori delle infrastrutture dei trasporti (come in quelli delle telecomunicazioni e dell’energia), al fine di garantire la promozione dei servizi di interesse economico generale e la coesione economica, sociale e territoriale; la promozione dell’interconnessione e dell’interoperabilità delle reti nazionali, nel quadro di un sistema di mercati aperti e concorrenziali. La procedura legislativa adottata è, in base all’articolo 172 TFUE, quella ordinaria (“codecisione”).

La proposta di regolamento COM(2011)650: gli obiettivi
La proposta (COM(2011)650) di regolamento sugli orientamenti dell’UE perla rete transeuropea di trasporto (TEN-T), presentata il 19 ottobre 2011, prospetta una revisione della rete TEN-T allo scopo di realizzare una rete completa ed integrata che comprenda e colleghi tutti gli Stati membri dell'UE in maniera intermodale ed interoperabile, per contribuire alla realizzazione, entro il 2050, di uno spazio unico europeo dei trasporti basato su un sistema di trasporti competitivo ed efficiente.
Per realizzare questo obiettivo la Commissione delinea una strategia a lungo termine fino al 2030/2050 che prevede interventi volti a:
migliorare la pianificazione della rete a livello UE sulla base di un approccio più coerente e trasparente;  
rafforzare la cooperazione tra Stati membri al fine di coordinare gli investimenti, la tempistica, la scelta degli itinerari, le valutazioni ambientali e di costo-benefici per i progetti di interesse comune;
garantire la configurazione ottimale della rete ai fini dell’assegnazione dei finanziamenti UE;
favorire lo sviluppo di tutte le modalità di trasporto e promuovere servizi di trasporto innovativi o nuove combinazioni di servizi esistenti, agevolando il trasporto multimodale e la soppressione degli ostacoli amministrativi e tecnici che impediscono l’interoperabilità della rete;   
migliorare la sicurezza e la sostenibilità del trasporto passeggeri e merci e consentire una mobilità senza ostacoli per tutti gli utenti, in particolare per glianziani, i disabili e le persone a mobilità ridotta;
promuovere le sinergie con le reti transeuropee di telecomunicazioni ed energia;
fornire servizi di trasporto efficienti sotto il profilo dell’utilizzo delle risorse e promuovere un ampio uso delle modalità di trasporto a più basso indice di emissionie di quelle che utilizzano sistemi di propulsione alternativi;  
effettuare valutazioni ambientali di piani e progetti e migliorare la resistenza delle infrastrutture ai cambiamenti climatici e alle catastrofi naturali o antropiche (precipitazioni, tempeste, aumento del livello dei mari e inondazioni costiere).
Richiamandosi ai risultati della consultazione svolta sul Libro verde “Verso una migliore integrazione della rete transeuropea di trasporto al servizio della politica comune dei trasporti” (COM(2009)44) - esaminato, ai sensi dell’articolo 127 del Regolamento della Camera, dalla Commissione Trasporti che ha adottato un documento finale il 14 ottobre 2009 - la proposta di regolamento prospetta la creazione di una rete TEN-T articolata in due livelli: una rete centrale a livello UE (da realizzare entro il 2030) basata su un “approccio per corridoi”, ed una rete globale (da realizzare entro il 2050) che comprenderà infrastrutture a livello nazionale e regionale.

I corridoi di interesse dell'Italia          
Nell’ambito della rete centrale sono stati individuati dieci corridoi, di cui quattrodi diretto interesse per l’Italia:
il corridoio 1 Baltico-Adriatico che collegherà Helsinki a Ravenna, nell’ambito del quale sono previsti i collegamenti ferroviari Vienna-Udine-Venezia-Ravenna e Trieste-Venezia-Ravenna;
il corridoio 3 Mediterraneo da Algeciras (Spagna) fino alla frontiera ungherese che comprenderà, tra l’altro, i collegamenti ferroviari Lione-Torino, Milano-Brescia, Brescia-Venezia-Trieste, Milano-Mantova-Venezia-Trieste e Trieste-Diva;
il corridoio 5 Helsinki-La Valletta che comprenderà il tunnel di base del Brennero nonché i collegamenti ferroviari Fortezza-Verona, Napoli-Bari, Napoli-Reggio Calabria, Messina-Palermo e Palermo-La Valletta;
il corridoio 9 Genova-Rotterdam che comprenderà i collegamenti ferroviari Genova-Milano-Novara (cosiddetto “terzo valico appenninico”).

Il finanziamento delle Reti TEN-T
Per la realizzazione della TEN-T sulla base dei nuovi orientamenti è previsto uno stanziamento complessivo pari a 31,7 miliardi di euro, di cui 10 miliardi provenienti dal Fondo di coesione. Tuttavia, nell'ambito dei negoziati in corso sul nuovo quadro finanziario dell'UE per il periodo 2014-2020, sembra prospettarsi una riduzione di tali stanziamenti.
La proposta si colloca nell'ambito delle azioni previste nel prossimo quadro finanziario 2014-2020, attraverso il nuovo “Meccanismo per collegare l'Europa” (Connecting Europe facility) (COM(2011)665), con il quale l’UE intende promuovere il finanziamento di determinate infrastrutture prioritarie che rispettino i criteri di sviluppo sostenibile definiti dalla Strategia Europa 2020.
L’entrata in funzione del suddetto meccanismo sarà preceduta, nel periodo 2012-2013, da un progetto pilota – avviato nel mese di luglio 2012 con l’adozione del Regolamento (UE) n. 670/2012 - riguardante l’introduzione dei Project Bond,prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti attraverso i quali si intende mobilitare finanziamenti supplementari da parte di investitori privati.

Il documento della IX Commissione trasporti della Camera
Nel documento finale sulla proposta di regolamento approvato, al termine di un approfondito esame, l'11 luglio 2012 dalla IX Commissione trasporti della Camera, si rileva, tra le altre cose, l'opportunità di:  
aumentare le risorse disponibili anche attraverso un maggiore ricorso ai Project Bond e la realizzazione del previsto aumento di capitale della Banca Europea degli Investimenti;
valorizzare il ruolo dell'Italia come piattaforma ideale per le connessioni mediterranee e trasversali in Europa, con una particolare attenzione, nell'ambito del Corridoio Mediterraneo, alle realtà portuali ed ai collegamenti con le Isole;
considerare il ruolo strategico, nell'ambito della rete centrale che potrebbero assumere la realizzazione di un asse multimodale in grado di raccordare i porti dell'Alto Tirreno con quelli dell'Adriatico e lo sviluppo delle opere collegate al corridoio Baltico-Adriatico, lungo la dorsale Adriatica

Dossier pubblicati

"THE CORE NETWORK CORRIDORS"

"L'inizio di una nuova era nelle infrastrutture europee". 

Siim Kallas, commissario europeo, definisce così il percorso che l'Europa sta portando avanti per definire i progetti dei corridoi europei. 
"Ora possiamo davvero iniziare a considerare fattibile la visione di un'unica area di trasporto europea - ha detto Kallas - che permetta il collegamento tra l'est e l'ovest, rimuovendo i colli di bottiglia del traffico e sviluppando le infrastrutture necessarie per creare forti corridoi europei - per il trasporto aereo, di strada, ferroviario e marittimo - che faciliteranno il flusso di beni, business e persone attraverso i confini". 

Un nuovo approccio alla rete Ten-t
Il rapporto presentato a Tallin nell’ottobre 2013 sul futuro network europeo è caratterizzato da un approccio "a doppio strato". 
Il livello di base, chiamato "Comprehensive Network" - Rete Completa, deve garantire l'accessibilità di tutte le regioni dell'Unione Europea e comprende le componenti delle infrastrutture di rete delle vie stradali, ferroviarie, fluviali, marittime e aeree così come i punti di collegamento tra le diverse modalità. 
Condizione primaria inserita tra le direttive comunitarie è che sia garantita l'interoperabilità e soprattutto che sia possibile l'accesso alla rete principale da parte di tutti i cittadini e gli operatori economici europei. 
Il secondo livello, definito "Core Network", è costituito dalle parti più significative della rete principale, identificate secondo una metodologia specifica. 
Lo sviluppo e l'attuazione dei progetti che riguardano queste aree strategiche sono ritenuti di prioritaria importanza. 
In questo modo, vengono individuati quali sono i principali progetti di interesse europeo su una rete già esistente e quali sono le rispettive criticità da risolvere e le esigenze di piattaforme multimodali di collegamento.
Per far sì che si sviluppi un traffico transnazionale sulle lunghe distanze, è necessario poter utilizzare infrastrutture efficienti, e avvalersi di un innovativo sistema di gestione per poter supportare tutte le funzioni logistiche, l'integrazione modale e una gestione sostenibile. 

L'Italia nei corridoi europei

Corridoio Scandinavo-Mediterraneo: E' il corridoio sull'asse nord-sud europea, che integrerà i progetti prioritari 1, 11 , 12 e 20; il corridoio ERTMS B e il corridoio ferroviario numero 3. 
Si tratta di un'asse cruciale per l'economia europea, che collega i principali centri urbani in Germania e in Italia con la Scandinavia e il Mediterraneo. 
Tra i progetti principali che riguardano questo corridoio c'è la rimozione del collo di bottiglia tra Monaco e Verona, attraverso la realizzazione del tunnel del Brennero. 
Tra i casi di successo che riguardano l'Italia, il documento cita la linea ad alta velocità tra Milano, Roma e Napoli, diventata operativa con il completamento della sezione tra Bologna e Firenze alla fine del 2009.
Il tempo di percorrenza tra Milano e Roma è stato così ridotto da 5 ore a 2 ore e 45 minuti. 
Il volume di traffico passeggeri tra Milano e Napoli è cresciuto di circa il 25%, arrivando nel 2010 ad un utilizzo da parte di circa 20 milioni di passeggeri.
Tra i progetti predefiniti che riguardano l'Italia e questo corridoio, oltre agli studi e i lavori per la realizzazione del tunnel del Brennero, vi sono anche quelli relativi al collegamento ferroviario Fortezza-Verona; Napoli-Bari, Napoli-Reggio Calabria, Verona-Bologna; le interconnessioni portuali e lo sviluppo di una piattaforma multimodale nei porti di Ancona, Napoli, Bari, La Spezia e Livorno; lo sviluppo del collegamento ferroviario Messina-Catania-Augusta/Palermo; le interconnessioni portuali dei porti Palermo/Taranto con Valletta/Marsaxlokk; e lo sviluppo del collegamento ferroviario tra Bologna e Ancona. 

Corridoio Mediterraneo: Si tratta del corridoio che collega la regione sud-ovest del Mediterraneo con i confini dell'Ucraina e l'Ungheria, passando dalla Spagna e dalla Francia, e attraverso le Alpi all'Italia alla Slovenia e alla Croazia. 
Il corridoio, di circa 3.000 km, comprenderà i progetti prioritari 3 e 6, il corridoio ERTMS D e il corrispondente corridoio ferroviario 6, per sviluppare una rete multimodale tra i porti ad ovest del Mediterraneo con il centro Europa e per creare un collegamento sull'asse est-ovest attraverso le zone a sud dell'Europa, contribuendo all'intermodalità in aree sensibili come i Pirenei e le Alpi, collegando le principali aree urbane dell'Europa con linee ferroviarie ad alta velocità. 
Tra gli obiettivi principali che riguardano questo corridoio c'è il nuovo collegamento ferroviario tra la Francia e l'Italia, la cosiddetta "Torino-Lione". 
Tra i progetti predefiniti che riguardano l'Italia, si trovano anche il parziale sviluppo ferroviario e la parziale nuova linea dell'alta velocità tra Milano e Brescia; la previsione di inizio lavori entro il 2014 su alcune sezioni del collegamento ferroviario Brescia-Venezia-Trieste, in sinergia con lo sviluppo delle azioni previste nel Corridoio Baltico-Adriatico; studi e lavori per l'IWW Milano-Cremona-Mantova - Porto Levante/Venezia - Ravenna/Trieste; interconnessioni portuali e sviluppo di piattaforme multimodali per il collegamento tra i porti interni di Cremona, Mantova, Venezia, Ravenna e Trieste; infine la realizzazione della sezione transfrontaliera, entro il 2020, per il collegamento ferroviario tra Trieste e Divaca. 

Corridoio Baltico-Adriatico: E' il corridoio lungo 2400 km che collega i porti del Baltico in Polonia con i porti dell'adriatico, e comprenderà il progetti prioritari 23 e 25 e il corridoio ferroviario 5 (Gdansk-Ravenna).
Connette i centri economici di Varsavia, Vienna, Venezia, Trieste e Ravenna.
La sezione che passa per Graz si dirama sia verso Trieste passando per Udine sia verso Trieste passando per Ljubljana.
Il caso di successo italiano citato risale agli anni '90, con lo sviluppo della linea Pontebbana.
Tra i progetti predefiniti che riguardano l'Italia ci sono: la parziale costruzione di nuove linee per lo sviluppo ferroviario, lo sviluppo di piattaforme multimodali e il miglioramento della linea Udine - Cervignano e Trieste, nei collegamenti ferroviari tra Wien-Graz-Klagenfurt-Udine-Venezia e Ravenna; e le interconnessioni portuali e lo sviluppo di piattaforme multimodali nei porti di Trieste, Venezia, Ravenna e Koper.

Corridoio Alpino: E' il corridoio sull'asse nord-sud che collega i porti del Mare del Nord di Rotterdam e Antwerp con le basi nel Mediterraneo, come il porto di Genova, e che comprende la base del Reno.
Integrerà i progetti prioritari 5 a 24, il corridoio ERTMS A e il corridoio ferroviario 1.
Tra le priorità evidenziate c'è la necessità di risolvere i colli di bottiglia in Germania e in Italia.
Inoltre, le vie d'accesso ai tunnel svizzeri, tra cui la CH-Milano/Novara, necessitano di fare passi avanti velocemente, e i tunnel del Gottardo e del Monte Ceneri creeranno una traiettoria piatta per il trasporto delle merci su rotaia, attraverso il territorio ecologicamente sensibile delle Alpi, a partire dal 2019. 
Tra i casi di successo italiani viene citato il tunnel del Gottardo, il più lungo tunnel ferroviario del mondo, con un totale di 151.84 km di tunnel e passaggi. 
I lavori sono iniziati nel 1996 e il tunnel diventerà operativo nel 2017, riducendo da 3,5 ore ad 1 ora il tempo di viaggio da Zurigo a Milano. 

E' possibile leggere il documento integrale "The Core Network Corridors" alla seguente pagina:
http://www.tentdays2013.eu/Doc/b1_2013_brochure_lowres.pdf

LA STRATEGIA EUROPEA PER I TRASPORTI: IL LIBRO BIANCO AL 2050

La strategia europea per i trasporti è contenuta nel Libro Bianco dei Trasporti al 2050 “Roadmap per un’Area unica di trasporto europeo – verso un sistema di trasporto competitivo e efficiente dal punto di vista delle risorse” pubblicato nel 2011.
Il Libro Bianco dei Trasporti 2050 e la tabella di marcia correlata, definiscono al 2050 i seguenti obiettivi principali:
- esclusione delle auto ad alimentazione tradizionale dalle città;
- uso pari al 40% di carburanti sostenibili a bassa emissione di anidride carbonica nel settore - - aeronautico, riduzione di almeno il 40% delle emissioni del trasporto marittimo;
- trasferimento del 50% dei viaggi intercity di medio raggio di passeggeri e merci dal trasporto su gomma a quello su rotaia e per via fluviale.

Per saperne di più:

TRASPORTO URBANO E SMART CITIES

In materia di politiche urbane, la Commissione Europea ha presentato lo scorso 17 dicembre 2013, il nuovo "pacchetto sulla mobilità urbana". L’obiettivo è rafforzare lo scambio di migliori pratiche in materia di ricerca e sviluppo, l’incentivazione dell'elaborazione di "piani di mobilità urbana sostenibile" per stimolare il passaggio a modi di trasporto più sostenibili e più ecologici nelle aree urbane.
In particolare la Commissione formula raccomandazioni specifiche per un'azione coordinata su quattro settori:
logistica urbana;
accessi regolamentati alle aree ad accesso ristretto;
sistemi di trasporto intelligenti (ITS);
sicurezza stradale nelle aree urbane.

La Comunicazione è accompagnata da un allegato sui Piani di Mobilità urbana sostenibile (SUMPS) e da documenti dettagliati su logistica urbana urban logisticsaccessibilità ZTLdeployment of Intelligent Transport System, e sicurezza urbana.

La CE ha inoltre lanciato, nel quadro dell’Unione per l’Innovazione della Strategia Europa 2020, la Partnership europea per l’innovazione (EIP) in materia di smart cities e communities. Tale partnership, destinata a mobilitare attori differenti che ruotano attorno al ciclo dell’innovazione, include istituzioni UE, partner pubblici, privati e centri di ricerca per migliorare le performance delle città in materia di trasporti, sostenibilità, costruzioni etc. In particolare il partenariato coinvolge inoltre aziende operanti nei settori dell’energia, trasporti e ICT al fine di sviluppare progetti e catalizzare esperienze proficue secondo un’ottica interdisciplinare, per il miglioramento dei servizi e dell’efficienza energetica.
L’approccio delle Smart cities sarà cofinanziato attraverso le risorse per Programma Orizzonte 2020 per la ricerca e l’innovazione 2014-2020, i cui primi bandi in materia sono stati pubblicati l’11 dicembre 2013.
Per saperne di più:

"La necessità dell'uomo di muoversi il più liberamente possibile rimarrà un bisogno permanente. L'auto, rappresentando il mezzo di trasporto individuale per eccellenza, rimarrà anche in futuro e non sarà eliminata. Si ridurranno o si elimineranno del tutto le emissioni inquinanti, i problemi di approvvigionamento energetico e di sicurezza, ma rimarranno le problematiche connesse alla congestione ed alla vivibilità degli ambiti urbani derivanti dall'occupazione di spazio."
"Condizionando la localizzazione, le dimensioni, la densità, la progettazione ed il mix di funzioni nell'uso del suolo, la pianificazione locale può aiutare a ridurre la necessità di viaggiare, ridurre la lunghezza degli spostamenti e rendere più agevole per le persone camminare, andare in bicicletta o usare il mezzo pubblico. Tra le principali politiche si individuano la concentrazione dei generatori di domanda di trasporto nei centri urbani e nelle vicinanze dei principali nodi del trasporto pubblico; la localizzazione delle abitazioni nelle aree urbane esistenti, con aumento della densità sia per la residenza sia per altri usi, facilmente accessibili con modalità diverse dall'auto privata; la localizzazione nelle aree rurali, delle espansioni per residenza, lavoro, negozi, intrattenimento e servizi attorno a centri di servizi intesi come punti di riferimento anche per i trasporti; la protezione dei nodi e dei corridoi infrastrutturali che potrebbero costituire elementi di criticità nello sviluppo futuro delle infrastrutture."
"E' necessario rompere il circolo perverso costituito da autobus vuoti, automobili vuote, strade sovraccariche, pagare due volte per una mobilità sempre più ridotta. Per favorire l'uso del trasporto pubblico è necessario offrire un servizio di qualità. La qualità del servizio è il fattore capace di generare un circolo virtuoso: qualità del servizio, incremento dell'utenza, migliore rapporto ricavi-costi, maggiori risorse per gli investimenti, incremento del servizio e della sua qualità. Al sistema integrato dei trasporti e delle infrastrutture va riconosciuto il carattere di servizio sociale primario, importante strumento per il conseguimento di obiettivi di riequilibrio territoriale e socio-economico."
"Che si tratti di aeroporti, porti, strade, strade ferrate o vie navigabili, il prezzo d'uso delle infrastrutture dovrebbe variare secondo lo stesso principio, in funzione della categoria di infrastruttura usata, del periodo della giornata, della distanza, delle dimensioni e della massa del veicolo e di qualsiasi altro fattore che influenzi i livelli di congestione, il deterioramento delle infrastrutture e l'ambiente. Tutte le componenti dei costi esterni generati dall'attività di trasporto, ma assunti a carico della collettività anzichè delle imprese e degli utenti, sono state analizzate, pesate e confrontate per modalità e tipologia di trasporto. I dati prodotti evidenziano il peso economico determinante dei fattori distorsivi in atto nella concorrenza tra strada e rotaia."
"L'utilizzo dei carburanti tradizionali (benzine e gasolio) resta tra i principali fattori di inquinamento ambientale delle aree urbane, pur avendo fatto segnare negli ultimi anni importanti progressi sul piano della riduzione delle emissioni inquinanti, anche grazie ai miglioramenti qualitativi avvenuti in combinazione con una serie di innovazioni tecnologiche introdotte negli autoveicoli. I biocarburanti (biodiesel e bioetanolo, soprattutto) rappresentano indubbiamente una prima alternativa importante ai carburanti tradizionali. Allo stato dei fatti difficilmente sarà raggiunto l'obiettivo fissato dall'Unione Europea di sostituire nel 2010 con i biocarburanti circa il 5,7% della benzina e del gasolio. Un ritardo che però non mette in discussione la necessità di continuare a percorrere con convinzione la strada della sostituzione dei carburanti tradizionali. Altrettanto importante è la diffusione di quei carburanti che, nonostante siano anch'essi di origine fossile, presentano indubbi vantaggi ambientali rispetto alla benzina e al gasolio: metano e GPL, la cui diffusione nel sistema dei trasporti risulta ancora modesta, sebbene in crescita negli ultimi anni."
"Per le merci, la crescita è in gran parte legata all'evoluzione dell'economia europea e dei sistemi di produzione. Nel corso degli ultimi vent'anni, si è passati da un'economia di «stock» ad un'economia di «flusso». Tale fenomeno è stato accentuato dalla delocalizzazione di determinate imprese (in particolare quelle ad elevata intensità di manodopera) che hanno cercato in tal modo di ridurre i costi di produzione, spostando determinate fasi della produzione a centinaia e talvolta migliaia di chilometri dal luogo di assemblaggio finale o di consumo. L'eliminazione delle frontiere all'interno della Comunità ha contribuito allo sviluppo di un sistema di produzione «just-in-time» e di «scorte viaggianti». In assenza di misure correttive per utilizzare più razionalmente i vantaggi dei diversi modi di trasporto, nell'Europa dei 15 il traffico di mezzi pesanti aumenterà entro il 2010 del 50% rispetto ai livelli del 1998. Ciò significa che nelle regioni e sui grandi assi di transito già notevolmente congestionati aumenteranno i volumi di traffico. Anche la notevole crescita economica prevista nei nuovi paesi membri e lo sviluppo di migliori collegamenti con le regioni periferiche comporteranno un aumento dei volumi di traffico, soprattutto di quello stradale."
"Ogni attività economica è anche un atto di consumo energetico. L’energia e l’attività economica sono di fatto due forme della stessa sostanza: l’una non può sussistere senza l’altra. Storicamente, più l’uomo è stato attivo economicamente, più ricchezza ha creato, più energia ha usato per crearla. E’ un ciclo continuo: più ricchezza significa più acquisti; più acquisti determinano un aumento della domanda di prodotti che, a sua volta, richiede più fabbriche, più materie prime, e più viaggi con camion e treni dalla fabbrica al magazzino e dal magazzino al supermercato o al negozio sotto casa. L’economia globale è come una gigantesca macchina, costantemente impegnata a convertire l’energia in ricchezza. Si possono descrivere i progressi materiali di un paese in funzione del suo crescente appetito di energia e del successo che riscuote nel soddisfarlo. Le nazioni più ricche usano grandi quantità di energia, con grande raffinatezza e crescente noncuranza: a parte qualche sporadica lamentela sul prezzo della benzina o sulla bolletta della luce, la stragrande maggioranza di americani ed europei non si rende conto di usare energia, così come non si rende conto di respirare. Nell’arco dei prossimi vent’anni, i paesi con la maggiore domanda di energia saranno sempre di più quelli determinati a conquistare la stessa prosperità industriale che esiste nel mondo occidentale, ma ancora troppo poveri e tecnicamente arretrati per poter compiere scelte energetiche illuminate. I maggiori consumatori di energia del mondo sceglieranno proprio la via più rapida: continuare ad usare i combustibili, le tecnologie e le forme energetiche esistenti, gravando così ulteriormente su un sistema energetico obsoleto basato sugli idrocarburi e frenando lo studio e la ricerca di qualcosa di alternativo. "
Si deve puntare ad “armonizzare la convivenza tra i diversi sistemi di spostamento migliorando l’offerta di infrastrutture, mezzi e servizi: autobus confortevoli e rapidi, sedi protette per le biciclette, marciapiedi comodi e arredi urbani per stimolare la camminata, strade ben mantenute per ridurre il rischio di incidenti, chiare e diffuse segnaletiche orizzontali e verticali per favorire la guida dei veicoli privati”. E per questo “è indispensabile rivedere profondamente la strategia della convivenza tra i diversi sistemi di mobilità nelle città, con un’azione su tre fronti principali”: 1. La redistribuzione dello spazio urbano per assicurare maggiori opportunità di scelta in particolare alle soluzioni di mobilità non motorizzata, attraverso la diffusione delle misure di mitigazione della velocità, l’estensione degli spazi dedicati a pedoni e ciclisti (verde urbano, isole pedonali, piste ciclabili), la promozione di zone della città a basso impatto veicolare (quartieri car free, come nell’esperienza tedesca, olandese e inglese): 2. Il rafforzamento, nel numero e nel profilo, delle regole che disciplinano la guida dei veicoli privati e delle relative sanzioni; 3. Il rafforzamento dei sistemi di vigilanza e controllo (law enforcement) per assicurare la repressione delle infrazioni alla legge. La ricerca di un nuovo equilibrio produrrebbe una riarticolazione degli spazi urbani e dell’organizzazione del trasporto ad evidente beneficio della mobilità ecologica e di quella collettiva, senza ledere i diritti del trasporto individuale. A suggello di una politica urbana così orientata si può infine immaginare di promuovere uno statuto dei diritti e dei doveri di chi si muove in città (non solo i diritti degli utenti del trasporto pubblico, come proposto nel Libro verde europeo sul trasporto urbano), con l’obiettivo di dare trasparenza e legittimazione ad una fase nuova di definizione delle responsabilità (doveri), accanto alle libertà e ai diritti, in particolare per quanti oggi, in assenza di una cultura rigorosa della disciplina stradale, esercitano la prerogativa di circolare con il proprio veicolo da una posizione di forza, senza dover riconoscere il principio di “pari opportunità” a chi sceglie una diversa soluzione di trasporto.
Per diventare realtà, la motorizzazione a idrogeno (per non parlare dell'economia, a idrogeno) deve superare una quantità rilevante di ostacoli scientifici e tecnologici. Difatti, nonostante tutti gli annunci, è arcinoto che le case automobilistiche vedono il futuro nelle auto ibride e, poco più in là, in quelle puramente elettriche. «L'idrogeno potrebbe avere un impatto significativo dal 2050 in poi», dice John Heywood, direttore del laboratorio automotive all'MIT. E l'accento è su quel«potrebbe». Solo il 5% dell'idrogeno commercialmente disponibile viene dall'acqua, perché richiede troppa energia. Solitamente, viene ricavato dal metano e quindi addio ai benefici ambientali. L'unico modo per produrne tanto, e usando l'acqua, sarebbe con la fusione nucleare: una tecnologia non provata, che il mondo sperimenterà in Francia, con il progetto Iter, a partire dal 2030. E poi c'è lo stoccaggio. A parità di contenuto energetico, l'idrogeno occupa tre volte lo spazio della benzina. Si potrebbe liquefare a temperature vicine allo zero assoluto (-253 gradi) come fa la Nasa, ma ci vuole troppa energia. La Gm ha trovato il modo di comprimere l'idrogeno, ma ci vuole un serbatoio molto grande e robusto. Non bisogna dimenticare che l'idrogeno è l'atomo più piccolo e che, per sua natura, scapperebbe da tutte le parti. Inoltre l'idrogeno può esplodere. A questo scenario, aggiungiamo pure le difficoltà connesse al trasporto e alla distribuzione, e si capisce che gli ostacoli sono al momento insormontabili: nel mondo, ci sono oggi circa mille chilometri di condutture che trasportano idrogeno, ma costano un milione di dollari al chilometro. È certamente lecito attendersi una messe di invenzioni e di scoperte che ci avvicineranno sempre di più verso un'economia, e una motorizzazione, all'idrogeno. L'umanità ha anche altre opzioni nel suo cammino verso un'economia a bassa intensità di anidride carbonica. L'idrogeno potrebbe anche trovare un posto, nel nostro futuro.

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