Nel 2007 il sorpasso: nelle città più abitanti che in campagna
Dieci milioni di abitanti: tanto devono raggiungere le città per assurgere al titolo di megalopoli (secondo la definizione dell’Onu). Nel 1950 soltanto New York e Tokyo vantavano questo primato, oggi sono ben venti e 15 di loro sono concentrate nel sud del mondo (di cui 3 in India e due in Cina).
Si tratta di un rapido processo di urbanizzazione che porterà nel 2007 la popolazione urbana mondiale a superare per la prima volta nella storia la popolazione rurale. Tuttavia non dobbiamo guardare con allarme a questo evento. Anzi «è un fatto positivo», sostiene la Divisione Popolazione delle Nazioni Unite, perché «l’urbanizzazione è anche un indicatore di sviluppo».
Non per niente nei Paesi sviluppati, nelle città vive in media il 74% della popolazione totale (negli Usa si arriva all’80%). Ma indubbiamente la rapidità dell’inurbamento e la dimensione che stanno assumendo le città pone anche delle sfide, soprattutto in Africa e in Asia, e - almeno a livello di fenomeni - divide il mondo in due.
Mentre nei Paesi sviluppati infatti, la popolazione è alquanto distribuita su un certo numero di realtà urbane, nel Terzo Mondo c’è una forte concentrazione su alcuni centri in una realtà ancora a maggioranza rurale. Anche se il processo di urbanizzazione procede rapido, infatti, il 62% della popolazione africana e il 60% di quella asiatica vive ancora in zone rurali.
Nei Paesi industrializzati, inoltre, già da tempo la crescita delle città - intesa come movimento di popolazione dalle campagne verso i centri urbani - ha lasciato il posto alla riorganizzazione di una rete urbana complessa. Lo dimostra anche il fatto che nel 1950 dieci delle 15 città più popolose del pianeta si trovavano nei Paesi industrializzati, oggi è esattamente il contrario. Un esempio tipico è quello di Londra: cento anni fa era la città più popolosa del mondo con 6 milioni di abitanti, oggi ne ha 7,5 milioni e non entra neanche tra le prime venti. In compenso, si sta creando un’integrazione con tutta u na serie di medi e grandi centri che arrivano ad ovest fino a Reading e Oxford, a nord verso Cambridge e a est verso l’estuario del Tamigi, che fanno di Londra il centro di una grande regione urbana che copre la maggior parte del sud-est dell’Inghilterra. Ancora più eclatante il caso di Tokyo, oggi di gran lunga la città più popolosa al mondo, con la cifra record di 35 milioni di abitanti. Difficilmente crescerà ancora ma ormai 70 milioni di persone che abitano tra Tokyo e Osaka sono legate in un’unica rete urbana grazie ai trasporti rapidi realizzati con i famosi treni-proiettile.
È quella che gli esperti chiamano la nascita degli arcipelaghi urbani, alcuni dei quali hanno una città dominante al loro centro ma non necessariamente. È una tendenza favorita da comunicazioni poco costose, reti estese di trasporti e nuovi modi di vivere e lavorare.Un fenomeno che ha iniziato ad interessare anche megalopoli del sud del mondo, come Calcutta, Città del Messico, San Paolo, Hong Kong, ma in generale nei Paesi in via di sviluppo il fenomeno più rilevante che si registra a causa della rapida urbanizzazione è quello delle baraccopoli, periferie che ormai circondano tutte le grandi città e abitate in condizioni di vita precarie dai nuovi «immigrati» dalle campagne. Il fatto è particolarmente serio laddove l’urbanizzazione non è legata a all’industrializzazione e allo sviluppo, ciò che accade in gran parte dell’Africa sub-sahariana.
Malgrado ciò, avverte una ricerca dell’americano National Research Council, «i poveri delle città nei Paesi meno sviluppati vivono condizioni migliori rispetto ai residenti nelle zone rurali in termini di accesso ai servizi di base come acqua bevibile, impianti igienici, elettricità e strutture educative». E l’Onu, nel rapporto World Urbanization Prospects: the 2005 revision, sottolinea anche la maggiore facilità nell’accesso ai servizi sanitari, senza considerare che in questi Paesi la possibilità di sviluppo delle zone rurali è strettamente connessa al dinamismo dei centri urbani cui sono legate. … In ogni caso è dalle città, dal loro ruolo propulsore ma anche dalla loro vivibilità, che dipende il futuro del mondo. E dall’attenzione che i governi sapranno dare a questo fenomeno. (avvenire)
Si tratta di un rapido processo di urbanizzazione che porterà nel 2007 la popolazione urbana mondiale a superare per la prima volta nella storia la popolazione rurale. Tuttavia non dobbiamo guardare con allarme a questo evento. Anzi «è un fatto positivo», sostiene la Divisione Popolazione delle Nazioni Unite, perché «l’urbanizzazione è anche un indicatore di sviluppo».
Non per niente nei Paesi sviluppati, nelle città vive in media il 74% della popolazione totale (negli Usa si arriva all’80%). Ma indubbiamente la rapidità dell’inurbamento e la dimensione che stanno assumendo le città pone anche delle sfide, soprattutto in Africa e in Asia, e - almeno a livello di fenomeni - divide il mondo in due.
Mentre nei Paesi sviluppati infatti, la popolazione è alquanto distribuita su un certo numero di realtà urbane, nel Terzo Mondo c’è una forte concentrazione su alcuni centri in una realtà ancora a maggioranza rurale. Anche se il processo di urbanizzazione procede rapido, infatti, il 62% della popolazione africana e il 60% di quella asiatica vive ancora in zone rurali.
Nei Paesi industrializzati, inoltre, già da tempo la crescita delle città - intesa come movimento di popolazione dalle campagne verso i centri urbani - ha lasciato il posto alla riorganizzazione di una rete urbana complessa. Lo dimostra anche il fatto che nel 1950 dieci delle 15 città più popolose del pianeta si trovavano nei Paesi industrializzati, oggi è esattamente il contrario. Un esempio tipico è quello di Londra: cento anni fa era la città più popolosa del mondo con 6 milioni di abitanti, oggi ne ha 7,5 milioni e non entra neanche tra le prime venti. In compenso, si sta creando un’integrazione con tutta u na serie di medi e grandi centri che arrivano ad ovest fino a Reading e Oxford, a nord verso Cambridge e a est verso l’estuario del Tamigi, che fanno di Londra il centro di una grande regione urbana che copre la maggior parte del sud-est dell’Inghilterra. Ancora più eclatante il caso di Tokyo, oggi di gran lunga la città più popolosa al mondo, con la cifra record di 35 milioni di abitanti. Difficilmente crescerà ancora ma ormai 70 milioni di persone che abitano tra Tokyo e Osaka sono legate in un’unica rete urbana grazie ai trasporti rapidi realizzati con i famosi treni-proiettile.
È quella che gli esperti chiamano la nascita degli arcipelaghi urbani, alcuni dei quali hanno una città dominante al loro centro ma non necessariamente. È una tendenza favorita da comunicazioni poco costose, reti estese di trasporti e nuovi modi di vivere e lavorare.Un fenomeno che ha iniziato ad interessare anche megalopoli del sud del mondo, come Calcutta, Città del Messico, San Paolo, Hong Kong, ma in generale nei Paesi in via di sviluppo il fenomeno più rilevante che si registra a causa della rapida urbanizzazione è quello delle baraccopoli, periferie che ormai circondano tutte le grandi città e abitate in condizioni di vita precarie dai nuovi «immigrati» dalle campagne. Il fatto è particolarmente serio laddove l’urbanizzazione non è legata a all’industrializzazione e allo sviluppo, ciò che accade in gran parte dell’Africa sub-sahariana.
Malgrado ciò, avverte una ricerca dell’americano National Research Council, «i poveri delle città nei Paesi meno sviluppati vivono condizioni migliori rispetto ai residenti nelle zone rurali in termini di accesso ai servizi di base come acqua bevibile, impianti igienici, elettricità e strutture educative». E l’Onu, nel rapporto World Urbanization Prospects: the 2005 revision, sottolinea anche la maggiore facilità nell’accesso ai servizi sanitari, senza considerare che in questi Paesi la possibilità di sviluppo delle zone rurali è strettamente connessa al dinamismo dei centri urbani cui sono legate. … In ogni caso è dalle città, dal loro ruolo propulsore ma anche dalla loro vivibilità, che dipende il futuro del mondo. E dall’attenzione che i governi sapranno dare a questo fenomeno. (avvenire)
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