27 dicembre 2007

INDAGINE SUL PENDOLARISMO


Sono più di 13 milioni i pendolari italiani, cresciuti fra il 2001 e il 2007 del 35,8%, a un tasso medio annuo del 6%, quindi pari a un incremento di 3,5 milioni di persone. Nel 1991 i pendolari erano 8,7 milioni, nel 2001 oltre 9,6 milioni, quindi erano già cresciuti dell’1% all’anno, poi nel 2005 si erano assestati sugli 11 milioni, fino a raggiungere quest’anno la cifra record di 13 milioni, pari al 22,2% della popolazione italiana.
Gli spostamenti quotidiani fuori dal comune di residenza per motivi di studio o lavoro (soprattutto di impiegati, operai e insegnanti) hanno conosciuto pertanto un fortissimo ciclo espansivo. Si tratta di una crescita straordinaria connessa alla recente evoluzione socioeconomica del Paese e dovuta, in particolare, almeno a tre aspetti: a) l’aumento degli occupati, passati dai 21,6 milioni del 2001 ai quasi 23 milioni attuali; b) l’incremento degli studenti delle scuole secondarie di II grado e degli iscritti all’università, aumentati dai 4,2 milioni del 2001 ad oltre 4,5 milioni; c) ma soprattutto i fenomeni di “diffusione abitativa” che hanno cambiato le concentrazioni urbane in molte aree del Paese.
Oltre 5 milioni di acquirenti di case dal 2000 a oggi hanno determinato il più lungo e intenso boom del mercato immobiliare registrato in Italia. L’andamento dei prezzi delle case ha indotto indirettamente il trasferimento di ampie quote di popolazione e ciò ha prodotto: una progressiva erosione di residenti nelle aree metropolitane (-4,8% tra il 1991 e il 2006); un netto aumento di residenti nei comuni della prima cintura (+9,3% tra il 1991 e il 2006); e, ancor più, della seconda corona urbana (+13,8%).
Il pendolarismo è un fenomeno che si manifesta soprattutto a livello locale, con spostamenti in gran parte su percorsi di limitata estensione territoriale. Per quasi l’80% la destinazione è fra comuni della stessa provincia di residenza. Solo nel 4% dei casi si tratta di tragitti extraregionali. La distanza percorsa in media è di 24,2 km, con il 28% dei viaggiatori pendolari che copre giornalmente tratte superiori ai 25 km. Un terzo degli spostamenti richiede più di 45 minuti, e in media si impiegano 42,8 minuti per ciascun tragitto.
Nel pendolarismo quotidiano si conferma il ruolo predominante dell’auto privata, usata dal 70,2% dei pendolari, soprattutto dai lavoratori (l’80,7% contro il 35,7% degli studenti). Il 5,9% ricorre invece a moto e motorini. Il treno viene utilizzato dal 14,8% dei pendolari, cioè quasi 2 milioni di persone, per spostarsi in ambito locale e metropolitano, come unico mezzo di trasporto o in combinazione con altri mezzi. La percentuale sale notevolmente tra gli studenti (32,7%) e scende al 9,3% tra i lavoratori. All’ultimo posto gli autobus extraurbani e le corriere, con una quota di mercato del 10,7% (28% per gli studenti, e 5,5% per i lavoratori).
La spesa mensile a carico dei pendolari è in media di 45,30 euro per gli utenti degli autobus extraurbani, di 49,20 euro per chi viaggia in treno, e aumenta notevolmente per i pendolari automobilisti, che spendono 109,50 euro al mese solo per il carburante. Un pendolare che usa l’automobile, percorrendo l’autostrada (con relativo pedaggio) e parcheggiando in un’area a pagamento, può arrivare a sostenere un costo annuo di 2.265 euro, ossia circa il 10% di un reddito medio annuo. Una cifra pari a quattro volte la spesa sostenuta da chi usa il treno per spostarsi (in media 540 euro all’anno).
I giudizi espressi dai pendolari che usano il treno promuovono l’accessibilità e la funzionalità dell’infrastruttura ferroviaria (raggiungibilità della stazione, velocità di marcia, frequenza delle corse, sicurezza dei convogli). Per altri aspetti, come la tutela da molestie e furti, le informazioni sul servizio, i tempi di attesa, la puntualità, il costo di biglietti e abbonamenti, vengono segnalati “ampi margini di miglioramento”. Le criticità maggiori attengono tutte alla qualità del viaggio: l’affollamento delle carrozze, lo scarso comfort a bordo, l’inadeguata climatizzazione, la vetustà delle carrozze, la scarsa pulizia degli scompartimenti e dei servizi igienici, che ottengono tutti punteggi al di sotto della sufficienza.

Lo sviluppo dei servizi di trasporto collettivo non si è mostrato finora al passo con la crescita della domanda di collegamenti fluidi per arrivare a scuola, all’università, sul posto di lavoro. Nel 2005 Trenitalia ha trasportato 444 milioni di passeggeri sulle tratte locali e regionali: erano 435 milioni nel 2004, 430 milioni nel 2003, 423 milioni nel 2002, 412 milioni l’anno prima. A questi dati bisogna sommare i passeggeri che hanno viaggiato sulle altre ferrovie regionali concessionarie, anch’essi in continua crescita (243 milioni nel 2005). A tale impennata della domanda (+7,7% tra il 2001 e il 2005 i passeggeri trasportati da Trenitalia, +8,1% i passeggeri-km) non ha corrisposto un proporzionale aumento dell’offerta (+6,3% i treni-km e +5,2% i posti-km offerti da Trenitalia nello stesso periodo di tempo). (CENSIS)

"La necessità dell'uomo di muoversi il più liberamente possibile rimarrà un bisogno permanente. L'auto, rappresentando il mezzo di trasporto individuale per eccellenza, rimarrà anche in futuro e non sarà eliminata. Si ridurranno o si elimineranno del tutto le emissioni inquinanti, i problemi di approvvigionamento energetico e di sicurezza, ma rimarranno le problematiche connesse alla congestione ed alla vivibilità degli ambiti urbani derivanti dall'occupazione di spazio."
"Condizionando la localizzazione, le dimensioni, la densità, la progettazione ed il mix di funzioni nell'uso del suolo, la pianificazione locale può aiutare a ridurre la necessità di viaggiare, ridurre la lunghezza degli spostamenti e rendere più agevole per le persone camminare, andare in bicicletta o usare il mezzo pubblico. Tra le principali politiche si individuano la concentrazione dei generatori di domanda di trasporto nei centri urbani e nelle vicinanze dei principali nodi del trasporto pubblico; la localizzazione delle abitazioni nelle aree urbane esistenti, con aumento della densità sia per la residenza sia per altri usi, facilmente accessibili con modalità diverse dall'auto privata; la localizzazione nelle aree rurali, delle espansioni per residenza, lavoro, negozi, intrattenimento e servizi attorno a centri di servizi intesi come punti di riferimento anche per i trasporti; la protezione dei nodi e dei corridoi infrastrutturali che potrebbero costituire elementi di criticità nello sviluppo futuro delle infrastrutture."
"E' necessario rompere il circolo perverso costituito da autobus vuoti, automobili vuote, strade sovraccariche, pagare due volte per una mobilità sempre più ridotta. Per favorire l'uso del trasporto pubblico è necessario offrire un servizio di qualità. La qualità del servizio è il fattore capace di generare un circolo virtuoso: qualità del servizio, incremento dell'utenza, migliore rapporto ricavi-costi, maggiori risorse per gli investimenti, incremento del servizio e della sua qualità. Al sistema integrato dei trasporti e delle infrastrutture va riconosciuto il carattere di servizio sociale primario, importante strumento per il conseguimento di obiettivi di riequilibrio territoriale e socio-economico."
"Che si tratti di aeroporti, porti, strade, strade ferrate o vie navigabili, il prezzo d'uso delle infrastrutture dovrebbe variare secondo lo stesso principio, in funzione della categoria di infrastruttura usata, del periodo della giornata, della distanza, delle dimensioni e della massa del veicolo e di qualsiasi altro fattore che influenzi i livelli di congestione, il deterioramento delle infrastrutture e l'ambiente. Tutte le componenti dei costi esterni generati dall'attività di trasporto, ma assunti a carico della collettività anzichè delle imprese e degli utenti, sono state analizzate, pesate e confrontate per modalità e tipologia di trasporto. I dati prodotti evidenziano il peso economico determinante dei fattori distorsivi in atto nella concorrenza tra strada e rotaia."
"L'utilizzo dei carburanti tradizionali (benzine e gasolio) resta tra i principali fattori di inquinamento ambientale delle aree urbane, pur avendo fatto segnare negli ultimi anni importanti progressi sul piano della riduzione delle emissioni inquinanti, anche grazie ai miglioramenti qualitativi avvenuti in combinazione con una serie di innovazioni tecnologiche introdotte negli autoveicoli. I biocarburanti (biodiesel e bioetanolo, soprattutto) rappresentano indubbiamente una prima alternativa importante ai carburanti tradizionali. Allo stato dei fatti difficilmente sarà raggiunto l'obiettivo fissato dall'Unione Europea di sostituire nel 2010 con i biocarburanti circa il 5,7% della benzina e del gasolio. Un ritardo che però non mette in discussione la necessità di continuare a percorrere con convinzione la strada della sostituzione dei carburanti tradizionali. Altrettanto importante è la diffusione di quei carburanti che, nonostante siano anch'essi di origine fossile, presentano indubbi vantaggi ambientali rispetto alla benzina e al gasolio: metano e GPL, la cui diffusione nel sistema dei trasporti risulta ancora modesta, sebbene in crescita negli ultimi anni."
"Per le merci, la crescita è in gran parte legata all'evoluzione dell'economia europea e dei sistemi di produzione. Nel corso degli ultimi vent'anni, si è passati da un'economia di «stock» ad un'economia di «flusso». Tale fenomeno è stato accentuato dalla delocalizzazione di determinate imprese (in particolare quelle ad elevata intensità di manodopera) che hanno cercato in tal modo di ridurre i costi di produzione, spostando determinate fasi della produzione a centinaia e talvolta migliaia di chilometri dal luogo di assemblaggio finale o di consumo. L'eliminazione delle frontiere all'interno della Comunità ha contribuito allo sviluppo di un sistema di produzione «just-in-time» e di «scorte viaggianti». In assenza di misure correttive per utilizzare più razionalmente i vantaggi dei diversi modi di trasporto, nell'Europa dei 15 il traffico di mezzi pesanti aumenterà entro il 2010 del 50% rispetto ai livelli del 1998. Ciò significa che nelle regioni e sui grandi assi di transito già notevolmente congestionati aumenteranno i volumi di traffico. Anche la notevole crescita economica prevista nei nuovi paesi membri e lo sviluppo di migliori collegamenti con le regioni periferiche comporteranno un aumento dei volumi di traffico, soprattutto di quello stradale."
"Ogni attività economica è anche un atto di consumo energetico. L’energia e l’attività economica sono di fatto due forme della stessa sostanza: l’una non può sussistere senza l’altra. Storicamente, più l’uomo è stato attivo economicamente, più ricchezza ha creato, più energia ha usato per crearla. E’ un ciclo continuo: più ricchezza significa più acquisti; più acquisti determinano un aumento della domanda di prodotti che, a sua volta, richiede più fabbriche, più materie prime, e più viaggi con camion e treni dalla fabbrica al magazzino e dal magazzino al supermercato o al negozio sotto casa. L’economia globale è come una gigantesca macchina, costantemente impegnata a convertire l’energia in ricchezza. Si possono descrivere i progressi materiali di un paese in funzione del suo crescente appetito di energia e del successo che riscuote nel soddisfarlo. Le nazioni più ricche usano grandi quantità di energia, con grande raffinatezza e crescente noncuranza: a parte qualche sporadica lamentela sul prezzo della benzina o sulla bolletta della luce, la stragrande maggioranza di americani ed europei non si rende conto di usare energia, così come non si rende conto di respirare. Nell’arco dei prossimi vent’anni, i paesi con la maggiore domanda di energia saranno sempre di più quelli determinati a conquistare la stessa prosperità industriale che esiste nel mondo occidentale, ma ancora troppo poveri e tecnicamente arretrati per poter compiere scelte energetiche illuminate. I maggiori consumatori di energia del mondo sceglieranno proprio la via più rapida: continuare ad usare i combustibili, le tecnologie e le forme energetiche esistenti, gravando così ulteriormente su un sistema energetico obsoleto basato sugli idrocarburi e frenando lo studio e la ricerca di qualcosa di alternativo. "
Si deve puntare ad “armonizzare la convivenza tra i diversi sistemi di spostamento migliorando l’offerta di infrastrutture, mezzi e servizi: autobus confortevoli e rapidi, sedi protette per le biciclette, marciapiedi comodi e arredi urbani per stimolare la camminata, strade ben mantenute per ridurre il rischio di incidenti, chiare e diffuse segnaletiche orizzontali e verticali per favorire la guida dei veicoli privati”. E per questo “è indispensabile rivedere profondamente la strategia della convivenza tra i diversi sistemi di mobilità nelle città, con un’azione su tre fronti principali”: 1. La redistribuzione dello spazio urbano per assicurare maggiori opportunità di scelta in particolare alle soluzioni di mobilità non motorizzata, attraverso la diffusione delle misure di mitigazione della velocità, l’estensione degli spazi dedicati a pedoni e ciclisti (verde urbano, isole pedonali, piste ciclabili), la promozione di zone della città a basso impatto veicolare (quartieri car free, come nell’esperienza tedesca, olandese e inglese): 2. Il rafforzamento, nel numero e nel profilo, delle regole che disciplinano la guida dei veicoli privati e delle relative sanzioni; 3. Il rafforzamento dei sistemi di vigilanza e controllo (law enforcement) per assicurare la repressione delle infrazioni alla legge. La ricerca di un nuovo equilibrio produrrebbe una riarticolazione degli spazi urbani e dell’organizzazione del trasporto ad evidente beneficio della mobilità ecologica e di quella collettiva, senza ledere i diritti del trasporto individuale. A suggello di una politica urbana così orientata si può infine immaginare di promuovere uno statuto dei diritti e dei doveri di chi si muove in città (non solo i diritti degli utenti del trasporto pubblico, come proposto nel Libro verde europeo sul trasporto urbano), con l’obiettivo di dare trasparenza e legittimazione ad una fase nuova di definizione delle responsabilità (doveri), accanto alle libertà e ai diritti, in particolare per quanti oggi, in assenza di una cultura rigorosa della disciplina stradale, esercitano la prerogativa di circolare con il proprio veicolo da una posizione di forza, senza dover riconoscere il principio di “pari opportunità” a chi sceglie una diversa soluzione di trasporto.
Per diventare realtà, la motorizzazione a idrogeno (per non parlare dell'economia, a idrogeno) deve superare una quantità rilevante di ostacoli scientifici e tecnologici. Difatti, nonostante tutti gli annunci, è arcinoto che le case automobilistiche vedono il futuro nelle auto ibride e, poco più in là, in quelle puramente elettriche. «L'idrogeno potrebbe avere un impatto significativo dal 2050 in poi», dice John Heywood, direttore del laboratorio automotive all'MIT. E l'accento è su quel«potrebbe». Solo il 5% dell'idrogeno commercialmente disponibile viene dall'acqua, perché richiede troppa energia. Solitamente, viene ricavato dal metano e quindi addio ai benefici ambientali. L'unico modo per produrne tanto, e usando l'acqua, sarebbe con la fusione nucleare: una tecnologia non provata, che il mondo sperimenterà in Francia, con il progetto Iter, a partire dal 2030. E poi c'è lo stoccaggio. A parità di contenuto energetico, l'idrogeno occupa tre volte lo spazio della benzina. Si potrebbe liquefare a temperature vicine allo zero assoluto (-253 gradi) come fa la Nasa, ma ci vuole troppa energia. La Gm ha trovato il modo di comprimere l'idrogeno, ma ci vuole un serbatoio molto grande e robusto. Non bisogna dimenticare che l'idrogeno è l'atomo più piccolo e che, per sua natura, scapperebbe da tutte le parti. Inoltre l'idrogeno può esplodere. A questo scenario, aggiungiamo pure le difficoltà connesse al trasporto e alla distribuzione, e si capisce che gli ostacoli sono al momento insormontabili: nel mondo, ci sono oggi circa mille chilometri di condutture che trasportano idrogeno, ma costano un milione di dollari al chilometro. È certamente lecito attendersi una messe di invenzioni e di scoperte che ci avvicineranno sempre di più verso un'economia, e una motorizzazione, all'idrogeno. L'umanità ha anche altre opzioni nel suo cammino verso un'economia a bassa intensità di anidride carbonica. L'idrogeno potrebbe anche trovare un posto, nel nostro futuro.

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