19 settembre 2009

INFRASTRUTTURE INTELLIGENTI


ITN - Infrastructure, Telematics and Navigation: evento europeo per offrire una visione completa delle infrastrutture intelligenti e smart grid e dei sistemi di posizionamento e servizi di geolocalizzazione.
ITN 2009 nasce dall’aggregazione di due iniziative esistenti: Infrastructura, la Biennale internazionale delle infrastrutture e la mostra-convegno Telemobility Forum.
ITN offrirà ai visitatori due giornate di conferenze e workshop informativi, programmi di networking e seminari di alto contenuto, presentando nel contempo un’ampia e di ricca area espositiva. L’evento avrà un taglio internazionale: è prevista la presenza di numerose delegazioni internazionali di carrier e istituzioni provenienti dai principali paesi Europei.


http://www.tmcforum.com/
http://www.itnexpo.it/it/
http://totaltraffic.com/

17 settembre 2009

CESARE IV


Il Progetto CESARE IV (Common Electronic Fee Collection System for A Road Tolling European Service) è un progetto gestito congiuntamente dall’ASECAP (l’Associazione europea delle società concessionarie di autostrade, ponti e tunnel a pedaggio) e dal cosiddetto Gruppo di Stoccolma (forum che rappresenta le Amministrazioni pubbliche di Finlandia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera e Regno Unito). Il progetto, co-finanziato dalla Commissione europea, ha come principale obiettivo quello di delineare, specificare, sviluppare, promuovere ed applicare sulle autostrade europee un sistema comune di esazione elettronica del pedaggio (Electronic Toll Collection - ETC). Per far ciò CESARE è chiamato, nella sua quarta ed ultima fase, a definire le linee guida per la fornitura del Servizio europeo di telepedaggio (EETS - European Electronic Toll Service), sotto il profilo contrattuale, tecnico, legale e procedurale, in ottemperanza alle disposizioni della Direttiva 2004/52 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l'interoperabilità dei sistemi di telepedaggio stradale nella Comunità.

14 settembre 2009

AUTOSTRADE CINESI

















13 settembre 2009

LA FATICA DELLA MOBILITA'


“I lavoratori pendolari italiani impiegano in media 72 minuti per gli spostamenti giornalieri di andata e ritorno, ovvero 33 giornate lavorative annue (un mese e mezzo). Se si riducessero i tempi di percorrenza da 72 minuti a 40 minuti, risparmieremmo ogni anno ben 15 giornate andate perse nella congestione del traffico e nelle attese dei treni. La qualità del lavoro aumenterebbe e gli incrementi di produttività sarebbero vistosi”.
A provocare l’aumento della domanda è la crescita degli occupati (da 21,6 a oltre 23 milioni) e degli studenti di scuole secondarie e università (da 4,2 a 4,5 milioni) e, soprattutto, la “diffusione abitativa”, cioè il trasferimento delle persone nell’hinterland dove le case costano di meno. Dal 1991 al 2006, infatti, i residenti delle grandi città sono calati del 4,8% mentre quelli dei comuni della prima e seconda cintura sono cresciute del 9,3 e del 13,8%. La conseguenza è che quotidianamente una massa di 2 milioni e 138 mila pendolari fa lievitare in modo esponenziale la popolazione delle 13 città italiane con più di 250.000 abitanti: a Milano sono 592 mila (il 45,4% della popolazione residente nel comune); 291 mila a Roma (10,8%); 249 mila a Napoli (25,6%); 242 mila a Torino (26,9%).
Un popolo che utilizza prevalentemente l’auto (70,2%) per la mancanza di infrastrutture adeguate. Di questi, oltre il 69% farebbe volentieri a meno delle quattro ruote se avesse un’alternativa valida di trasporto pubblico. A prendere il treno è solo il 14,8% dei pendolari (1,9 milioni di persone), ancora inferiore la quota di chi si affida ad autobus extraurbani e corriere: 10,7%. E pensare che proprio queste ultime sono le più convenienti con una spesa media mensile di 45,30 euro, contro i 49,20 delle ferrovie e i 109,50 euro per l’auto. La cifra riguardante le vetture, in realtà, si riferisce alle sole spese per il carburante, mentre aggiungendo eventuali pedaggi autostradali e parcheggi il costo su 12 mesi può arrivare a 2.265 euro, circa un decimo del reddito medio annuo, il quadruplo di chi usa il treno (540 euro/anno). E in più gli automobilisti devono sopportare traffico (disagio citato dal 35% dei pendolari), rallentamenti dovuti a cantieri (18%) e difficoltà di parcheggio (7%). Per la verità non stanno meglio gli utenti del treno che devono subire ritardi (32%), affollamento delle carrozze, scarso comfort, inadeguata climatizzazione e pulizia. Migliorabili anche le informazioni sul servizio, i tempi di attesa, la puntualità, il costo di biglietti e abbonamenti. In compenso è positivo il giudizio su accessibilità e funzionalità dell’infrastruttura ferroviaria (raggiungibilità della stazione, velocità di marcia, frequenza delle corse, sicurezza dei convogli).
Il quadro rilevato dal Censis, indica “che esistono buoni margini per far crescere un mercato della mobilità pendolare sostenibile nella sua componente principale, il vettore ferroviario (…) con evidenti vantaggi in termini di miglioramento della congestione del traffico, risparmi di energia e riduzione dei livelli di inquinamento”. Non si scorgono progressi tangibili verso un “altro” modello di mobilità urbana, meno congestionato e ambientalmente più sostenibile, anzi vanno difesi alcuni punti di forza che nel corso dell’ultimo anno, o degli ultimi due anni, iniziano in parte a scricchiolare: il peso significativo della mobilità ecologica, la crescita dell’intermodalità e dei vettori su rotaia, la domanda di mobilità sostenibile dei cittadini (declinata soprattutto come rafforzamento del servizio pubblico), il consenso raccolto dai mezzi di trasporto rapido di massa (metropolitana). Il servizio pubblico di trasporto nelle nostre città “fa fatica”, su tanti versanti: si muove troppo lentamente nel traffico, di conseguenza le aziende perdono clienti e produttività, di conseguenza perdono denaro. E non hanno molte leve per migliorare la situazione, anzi la pressione di alcune voci di costo non controllabili (carburanti, assicurazioni) erode gli spazi residui di investimento”.

05 settembre 2009

LOMBARDIA - PIANO TERRITORIALE REGIONALE


La delibera di adozione del PTR della Lombardia, unitamente agli elaborati di Piano, è stata pubblicata sul BURL n.34 del 25 agosto 2009, 1° Supplemento Straordinario. E’ possibile scaricare gli elaborati di Piano anche accedendo alla sezione “Elaborati del PTR - luglio 2009”.
L’avviso di deposito degli atti relativi all’adozione del PTR è stato pubblicato sul BURL n.33 del 19 agosto 2009, Serie Inserzioni e Concorsi. A decorrere da questa data gli elaborati di Piano sono disponibili alla consultazione pubblica presso le sedi territoriali della Regione. Entro il 17 ottobre 2009 tutti i soggetti interessati possono presentare loro osservazioni alla Giunta Regionale.


Il Documento di Piano definisce gli obiettivi di sviluppo socio economico della Lombardia individuando 3 macro-obiettivi (principi ispiratori dell'azione di Piano con diretto riferimento alle strategie individuate a livello europeo) e 24 obiettivi di Piano.
La declinazione degli obiettivi è strutturata secondo due logiche: dal punto di vista tematico e dal punto di vista territoriale.
La declinazione territoriale è effettuata sulla base dell'individuazione di sistemi territoriali considerati come chiave di lettura del sistema relazionale a geometria variabile ed integrata, che si attiva e si riconosce spazialmente nel territorio: Sistema Metropolitano, Sistema della Montagna, Sistema Pedemontano, Sistema dei Laghi, Sistema della Pianura Irrigua, Sistema del Fiume Fiume Po e Grandi Fiumi di Pianura.
Il Documento di Piano definisce le linee orientative dell'assetto del territorio regionale identificando gli elementi di potenziale sviluppo e di fragilità che si ritiene indispensabile governare per il perseguimento degli obiettivi.
La definizione degli orientamenti è costruita in riferimento agli obiettivi prioritari di interesse regionale, identificati ai sensi dell'art.19, comma 2, lett. b della legge 12/2005: poli di sviluppo regionale, le zone di preservazione e salvaguardia ambientale e infrastrutture prioritarie.
Il Documento di Piano determina effetti diretti e indiretti la cui efficacia, in relazione al perseguimento degli obiettivi, è valutata attraverso il sistema di monitoraggio e dall'Osservatorio permanente della programmazione territoriale previsto dalla l.r.12/05.
Tuttavia, in relazione ai disposti di cui all'art. 20 della l.r. 12/05, il Documento di Piano evidenzia puntualmente alcuni elementi del PTR che hanno effetti diretti in particolare:
gli obiettivi prioritari di interesse regionale
i Piani Territoriali Regionali d'Area
Il Documento di Piano identifica infine gli Strumenti Operativi che il PTR individua per perseguire i propri obiettivi.
Gli obiettivi definiti nel Documento di Piano costituiscono per tutti i soggetti coinvolti a vario livello nel governo del territorio un riferimento centrale e da condividere per la valutazione dei propri strumenti programmatori e operativi.

Il Documento di Piano contiene in allegato 4 tavole:
tav.1 - Polarita e poli di sviluppo regionale
tav.2 - Zone di preservazione e salvaguardia ambientale
tav.3 - Infrastrutture prioritarie per la Lombardia
tav.4 - I Sistemi Territoriali del PTR

"La necessità dell'uomo di muoversi il più liberamente possibile rimarrà un bisogno permanente. L'auto, rappresentando il mezzo di trasporto individuale per eccellenza, rimarrà anche in futuro e non sarà eliminata. Si ridurranno o si elimineranno del tutto le emissioni inquinanti, i problemi di approvvigionamento energetico e di sicurezza, ma rimarranno le problematiche connesse alla congestione ed alla vivibilità degli ambiti urbani derivanti dall'occupazione di spazio."
"Condizionando la localizzazione, le dimensioni, la densità, la progettazione ed il mix di funzioni nell'uso del suolo, la pianificazione locale può aiutare a ridurre la necessità di viaggiare, ridurre la lunghezza degli spostamenti e rendere più agevole per le persone camminare, andare in bicicletta o usare il mezzo pubblico. Tra le principali politiche si individuano la concentrazione dei generatori di domanda di trasporto nei centri urbani e nelle vicinanze dei principali nodi del trasporto pubblico; la localizzazione delle abitazioni nelle aree urbane esistenti, con aumento della densità sia per la residenza sia per altri usi, facilmente accessibili con modalità diverse dall'auto privata; la localizzazione nelle aree rurali, delle espansioni per residenza, lavoro, negozi, intrattenimento e servizi attorno a centri di servizi intesi come punti di riferimento anche per i trasporti; la protezione dei nodi e dei corridoi infrastrutturali che potrebbero costituire elementi di criticità nello sviluppo futuro delle infrastrutture."
"E' necessario rompere il circolo perverso costituito da autobus vuoti, automobili vuote, strade sovraccariche, pagare due volte per una mobilità sempre più ridotta. Per favorire l'uso del trasporto pubblico è necessario offrire un servizio di qualità. La qualità del servizio è il fattore capace di generare un circolo virtuoso: qualità del servizio, incremento dell'utenza, migliore rapporto ricavi-costi, maggiori risorse per gli investimenti, incremento del servizio e della sua qualità. Al sistema integrato dei trasporti e delle infrastrutture va riconosciuto il carattere di servizio sociale primario, importante strumento per il conseguimento di obiettivi di riequilibrio territoriale e socio-economico."
"Che si tratti di aeroporti, porti, strade, strade ferrate o vie navigabili, il prezzo d'uso delle infrastrutture dovrebbe variare secondo lo stesso principio, in funzione della categoria di infrastruttura usata, del periodo della giornata, della distanza, delle dimensioni e della massa del veicolo e di qualsiasi altro fattore che influenzi i livelli di congestione, il deterioramento delle infrastrutture e l'ambiente. Tutte le componenti dei costi esterni generati dall'attività di trasporto, ma assunti a carico della collettività anzichè delle imprese e degli utenti, sono state analizzate, pesate e confrontate per modalità e tipologia di trasporto. I dati prodotti evidenziano il peso economico determinante dei fattori distorsivi in atto nella concorrenza tra strada e rotaia."
"L'utilizzo dei carburanti tradizionali (benzine e gasolio) resta tra i principali fattori di inquinamento ambientale delle aree urbane, pur avendo fatto segnare negli ultimi anni importanti progressi sul piano della riduzione delle emissioni inquinanti, anche grazie ai miglioramenti qualitativi avvenuti in combinazione con una serie di innovazioni tecnologiche introdotte negli autoveicoli. I biocarburanti (biodiesel e bioetanolo, soprattutto) rappresentano indubbiamente una prima alternativa importante ai carburanti tradizionali. Allo stato dei fatti difficilmente sarà raggiunto l'obiettivo fissato dall'Unione Europea di sostituire nel 2010 con i biocarburanti circa il 5,7% della benzina e del gasolio. Un ritardo che però non mette in discussione la necessità di continuare a percorrere con convinzione la strada della sostituzione dei carburanti tradizionali. Altrettanto importante è la diffusione di quei carburanti che, nonostante siano anch'essi di origine fossile, presentano indubbi vantaggi ambientali rispetto alla benzina e al gasolio: metano e GPL, la cui diffusione nel sistema dei trasporti risulta ancora modesta, sebbene in crescita negli ultimi anni."
"Per le merci, la crescita è in gran parte legata all'evoluzione dell'economia europea e dei sistemi di produzione. Nel corso degli ultimi vent'anni, si è passati da un'economia di «stock» ad un'economia di «flusso». Tale fenomeno è stato accentuato dalla delocalizzazione di determinate imprese (in particolare quelle ad elevata intensità di manodopera) che hanno cercato in tal modo di ridurre i costi di produzione, spostando determinate fasi della produzione a centinaia e talvolta migliaia di chilometri dal luogo di assemblaggio finale o di consumo. L'eliminazione delle frontiere all'interno della Comunità ha contribuito allo sviluppo di un sistema di produzione «just-in-time» e di «scorte viaggianti». In assenza di misure correttive per utilizzare più razionalmente i vantaggi dei diversi modi di trasporto, nell'Europa dei 15 il traffico di mezzi pesanti aumenterà entro il 2010 del 50% rispetto ai livelli del 1998. Ciò significa che nelle regioni e sui grandi assi di transito già notevolmente congestionati aumenteranno i volumi di traffico. Anche la notevole crescita economica prevista nei nuovi paesi membri e lo sviluppo di migliori collegamenti con le regioni periferiche comporteranno un aumento dei volumi di traffico, soprattutto di quello stradale."
"Ogni attività economica è anche un atto di consumo energetico. L’energia e l’attività economica sono di fatto due forme della stessa sostanza: l’una non può sussistere senza l’altra. Storicamente, più l’uomo è stato attivo economicamente, più ricchezza ha creato, più energia ha usato per crearla. E’ un ciclo continuo: più ricchezza significa più acquisti; più acquisti determinano un aumento della domanda di prodotti che, a sua volta, richiede più fabbriche, più materie prime, e più viaggi con camion e treni dalla fabbrica al magazzino e dal magazzino al supermercato o al negozio sotto casa. L’economia globale è come una gigantesca macchina, costantemente impegnata a convertire l’energia in ricchezza. Si possono descrivere i progressi materiali di un paese in funzione del suo crescente appetito di energia e del successo che riscuote nel soddisfarlo. Le nazioni più ricche usano grandi quantità di energia, con grande raffinatezza e crescente noncuranza: a parte qualche sporadica lamentela sul prezzo della benzina o sulla bolletta della luce, la stragrande maggioranza di americani ed europei non si rende conto di usare energia, così come non si rende conto di respirare. Nell’arco dei prossimi vent’anni, i paesi con la maggiore domanda di energia saranno sempre di più quelli determinati a conquistare la stessa prosperità industriale che esiste nel mondo occidentale, ma ancora troppo poveri e tecnicamente arretrati per poter compiere scelte energetiche illuminate. I maggiori consumatori di energia del mondo sceglieranno proprio la via più rapida: continuare ad usare i combustibili, le tecnologie e le forme energetiche esistenti, gravando così ulteriormente su un sistema energetico obsoleto basato sugli idrocarburi e frenando lo studio e la ricerca di qualcosa di alternativo. "
Si deve puntare ad “armonizzare la convivenza tra i diversi sistemi di spostamento migliorando l’offerta di infrastrutture, mezzi e servizi: autobus confortevoli e rapidi, sedi protette per le biciclette, marciapiedi comodi e arredi urbani per stimolare la camminata, strade ben mantenute per ridurre il rischio di incidenti, chiare e diffuse segnaletiche orizzontali e verticali per favorire la guida dei veicoli privati”. E per questo “è indispensabile rivedere profondamente la strategia della convivenza tra i diversi sistemi di mobilità nelle città, con un’azione su tre fronti principali”: 1. La redistribuzione dello spazio urbano per assicurare maggiori opportunità di scelta in particolare alle soluzioni di mobilità non motorizzata, attraverso la diffusione delle misure di mitigazione della velocità, l’estensione degli spazi dedicati a pedoni e ciclisti (verde urbano, isole pedonali, piste ciclabili), la promozione di zone della città a basso impatto veicolare (quartieri car free, come nell’esperienza tedesca, olandese e inglese): 2. Il rafforzamento, nel numero e nel profilo, delle regole che disciplinano la guida dei veicoli privati e delle relative sanzioni; 3. Il rafforzamento dei sistemi di vigilanza e controllo (law enforcement) per assicurare la repressione delle infrazioni alla legge. La ricerca di un nuovo equilibrio produrrebbe una riarticolazione degli spazi urbani e dell’organizzazione del trasporto ad evidente beneficio della mobilità ecologica e di quella collettiva, senza ledere i diritti del trasporto individuale. A suggello di una politica urbana così orientata si può infine immaginare di promuovere uno statuto dei diritti e dei doveri di chi si muove in città (non solo i diritti degli utenti del trasporto pubblico, come proposto nel Libro verde europeo sul trasporto urbano), con l’obiettivo di dare trasparenza e legittimazione ad una fase nuova di definizione delle responsabilità (doveri), accanto alle libertà e ai diritti, in particolare per quanti oggi, in assenza di una cultura rigorosa della disciplina stradale, esercitano la prerogativa di circolare con il proprio veicolo da una posizione di forza, senza dover riconoscere il principio di “pari opportunità” a chi sceglie una diversa soluzione di trasporto.
Per diventare realtà, la motorizzazione a idrogeno (per non parlare dell'economia, a idrogeno) deve superare una quantità rilevante di ostacoli scientifici e tecnologici. Difatti, nonostante tutti gli annunci, è arcinoto che le case automobilistiche vedono il futuro nelle auto ibride e, poco più in là, in quelle puramente elettriche. «L'idrogeno potrebbe avere un impatto significativo dal 2050 in poi», dice John Heywood, direttore del laboratorio automotive all'MIT. E l'accento è su quel«potrebbe». Solo il 5% dell'idrogeno commercialmente disponibile viene dall'acqua, perché richiede troppa energia. Solitamente, viene ricavato dal metano e quindi addio ai benefici ambientali. L'unico modo per produrne tanto, e usando l'acqua, sarebbe con la fusione nucleare: una tecnologia non provata, che il mondo sperimenterà in Francia, con il progetto Iter, a partire dal 2030. E poi c'è lo stoccaggio. A parità di contenuto energetico, l'idrogeno occupa tre volte lo spazio della benzina. Si potrebbe liquefare a temperature vicine allo zero assoluto (-253 gradi) come fa la Nasa, ma ci vuole troppa energia. La Gm ha trovato il modo di comprimere l'idrogeno, ma ci vuole un serbatoio molto grande e robusto. Non bisogna dimenticare che l'idrogeno è l'atomo più piccolo e che, per sua natura, scapperebbe da tutte le parti. Inoltre l'idrogeno può esplodere. A questo scenario, aggiungiamo pure le difficoltà connesse al trasporto e alla distribuzione, e si capisce che gli ostacoli sono al momento insormontabili: nel mondo, ci sono oggi circa mille chilometri di condutture che trasportano idrogeno, ma costano un milione di dollari al chilometro. È certamente lecito attendersi una messe di invenzioni e di scoperte che ci avvicineranno sempre di più verso un'economia, e una motorizzazione, all'idrogeno. L'umanità ha anche altre opzioni nel suo cammino verso un'economia a bassa intensità di anidride carbonica. L'idrogeno potrebbe anche trovare un posto, nel nostro futuro.

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