19 luglio 2016

PROGRAMMA REGIONALE DELLA MOBILITÀ E DEI TRASPORTI

Regione Lombardia ha adottato con d.g.r. n. X/4665 del 23/12/2015, il Programma Regionale della Mobilità e dei Trasporti, previsto dalla l.r. 6/2012, che orienterà le scelte infrastrutturali e rafforzerà la programmazione integrata di tutti i servizi (trasporto su ferro e su gomma, navigazione, mobilità ciclistica) per migliorare la qualità dell’offerta e l’efficienza della spesa. Con questo strumento, Regione Lombardia indica l’assetto fondamentale delle reti infrastrutturali prioritarie e individua il sistema degli interventi da attuare, sulla base della domanda di mobilità e degli obiettivi di programmazione socio-economica e governo del territorio.
Il Programma Regionale della Mobilità e dei Trasporti è attualmente all’approvazione del Consiglio regionale.
Il Programma delinea una Lombardia “connessa col mondo” e competitiva, con territori accessibili e cittadini e merci liberi di muoversi con trasporti di qualità, sicuri, integrati e sostenibili.
Gli interventi sono finalizzati a:
- ridurre la congestione stradale, specie nelle aree e lungo gli assi più trafficati;
- migliorare i servizi del trasporto collettivo;
- incrementare l’offerta di trasporto intermodale;
- contribuire a ridurre gli impatti sull’ambiente;
- favorire la riduzione dell’incidentalità stradale rispettando gli obiettivi posti dalla UE.

In parallelo alle attività relative al Programma, sono state elaborate la Matrice regionale Origine/Destinazione 2014, con i dati sulle abitudini di spostamento in Lombardia, online sul portale Open Data di Regione Lombardia, e le Linee guida per la redazione di studi di fattibilità per interventi infrastrutturali.

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18 luglio 2016

LA MOBILITA' NELLE GRANDI CITTA' ITALIANE

Ogni giorno 1,8mln di pendolari nelle città, con serpentoni di auto che da Milano arriverebbero a Pechino
Sono 1.780.739 i non residenti (pari alla seconda città italiana) che ogni giorno, per motivo di studio e lavoro, entrano nelle nostri capoluoghi metropolitani. Questi city users utilizzano, o meglio, ‘stressano’ quotidianamente le nostre metropoli ed equivalgono a circa il 20% dei residenti totali, con evidenti ripercussioni sulla domanda di servizi legati non solo alla mobilità. E’ quanto emerge dalla ricerca “Gli stili di mobilità degli italiani: il percorso (lento) verso la sostenibilità”, realizzata dall’area Studi dell’Anci che ha messo a confronto i  dati dei censimenti Istat 2001 e 2011, quelli sempre Istat sulla mobilità urbana 2014 e i numeri dell’Osservatorio Audimob 2014 dell’Isfort.
Dalla ricerca, presentata nel corso della II Conferenza nazionale sulla Mobilità sostenibile svoltasi a Catania, emerge come il maggior numero di non residenti che entrano in città per studio e lavoro si trova a Milano che ogni giorno accoglie 474.680 city users, che a Roma sono 292.550 e Napoli 196.320.
Ma quanto e come si muovono i cittadini (residenti e non) delle grandi aree urbane? Dalla ricerca Anci emerge innanzitutto un aumento della mobilità che nel 2014 (fonte Isfort Osservatorio Audimob) registra il dato della popolazione in movimento (soprattutto nei giorni feriali) intorno all’ 80%, dato che si attestava al 75,1% nel 2012. Nelle Città metropolitane ci si muove prevalentemente in auto (65,9%) e molto meno a piedi o in bici (19,2%) e con i mezzi pubblici (12,4%). Pur essendo in diminuzione (-4% in due anni) gli spostamenti in auto e moto sono ancora i preferiti e fanno registrare un dato pari al 68,4%.
L’area Studi di Anci ha anche quantificato il peso della mobilità privata in termini di occupazione degli spazi urbani e il risultato è che le sole auto private occupano il 27% dello spazio ovvero quasi un terzo delle città. Inoltre il milione e ottocentomila vetture dei city users che ‘occupano’ quotidianamente le nostre città misurano 6.800 chilometri di serpentone  giornaliero, che supererebbe quota 10mila se si prevedesse una distanza minima di sicurezza tra le auto; in pratica le auto che ogni giorno ingolfano le città, messe una dietro l’altra coprirebbero la distanza che c’è tra Milano e Pechino. Nel dettaglio il ‘serpentone urbano’ di Catania arriverebbe a Trapani (299 km) mentre da Roma ci si potrebbe collegare addirittura a Copenaghen (2.093 km) o a Gerusalemme se si rispettasse la distanza di sicurezza.
Macchine vuote in città. Con almeno due passeggeri 628mila auto in meno e 360 milioni di euro risparmiati
Per percorrere il tragitto casa-lavoro e casa-studio, nelle nostre città circolano quotidianamente 1.875.560 milioni di autovetture che trasportano 2.494.211 milioni persone, per una media di 1,33 persone per automobile (con conseguenti 1.256.908 milioni di auto senza un passeggero). Questi alcuni dati su auto e passeggeri presentati a Catania contenuti nella ricerca che ha rielaborato e confrontato i dati Isfort 2014 e quelli dei censimenti Istat 2001 e 2011.
Il maggior numero di vetture circolanti per lavoro e studio lo troviamo a Roma dove girano ogni giorno 572.971 vetture che trasportano 767.372 persone, per una media di 1,34 passeggeri per auto. Segue Milano dove la media di persone trasportate dalle 268.282 vetture circolanti scende ulteriormente a 1,26 passeggeri per auto. Al terzo posto per vetture circolanti troviamo Torino (199.848 per 1,26 persone per auto).
Dalla ricerca Anci emerge quindi che i due-terzi dei veicoli circolanti nelle Città metropolitane (oltre 1,2 milioni) si muovono con il solo conducente a bordo; veicoli che sarebbero 628mila in meno se solo ogni auto trasportasse due persone. Con sole due persone in macchina i pendolari, per solo carburante, risparmierebbero ogni anno 360milioni di euro e 660mila sarebbero le tonnellate di Co2 in meno.
Sempre in tema di inquinamento, l’area Studi dell’Anci ha rielaborato i dati  Istat sulla qualità dell’ambiente urbano 2014. Sebbene il valore sia stato superato in molte città, si assiste a un miglioramento generalizzato nel tempo rispetto ai giorni di sforamento per inquinamento da polveri sottili. In questa speciale classifica, prendendo a riferimento il quinquennio dal 2008 al 2013, in tutte le Città metropolitane si assiste ad un minor sforamento dei parametri, con punte di eccellenza a Reggio Calabria, Messina e Catania.
Sempre sul versante mobilità ‘pulita’, la ricerca Anci ha indicato i numeri sulla diffusione delle auto elettriche. Nel 2015 se ne contano 4.584 di cui 1.359 immatricolate nelle Città metropolitane. La città che conta più immatricolazioni è Roma (612), seguita da Milano (316) e Torino (88). Più indietro le altre con Palermo (74) e Catania (35) in testa per quanto riguarda le Città metropolitane del Mezzogiorno.
Sale la richiesta di trasporto pubblico ma i chilometri per abitante diminuiscono
Si registra a Milano la percentuale più alta dei cittadini (44,2%) che, per gli spostamenti casa-lavoro e casa-studio, usano di più i mezzi pubblici. Seguono Napoli (35,1%) e Genova (34%). Più indietro Genova (34%), Venezia (32,7%) e Roma, ferma al 29,9%. 
Il dossier conferma la tendenza positiva (anche se con percentuali diverse) del numero di cittadini che utilizzano i mezzi pubblici per i loro spostamenti, tendenza confermata anche dai dati 2014 di Audimob che conferma un’attenzione sempre maggiore all’uso del trasporto collettivo. Una propensione all’uso del mezzo pubblico, registrata nonostante l’offerta di trasporto pubblico sia in diminuzione, secondo una tendenza (-7,6%) che si osserva in tutti i capoluoghi italiani. Nonostante la propensione dei cittadini ad usare trasporto collettivo, nelle città diminuiscono i chilometri per abitante con una variazione tra il 2011 e il 2014 che tocca picchi del -21% a Torino, -17,9% a Catania e -14,8% a Roma. In controtendenza Cagliari che registra un +18,4% e Messina con un +5,2%.
Alla richiesta di maggior trasporto pubblico si affianca il calo generalizzato delle immatricolazioni. Nel 2000 si immatricolavano nelle Città oltre mezzo milione di autovetture. Nel 2015 le immatricolazioni sono state 261.929, quindi quasi la metà per una tendenza che appare consolidata e irreversibile a prescindere della contingenza sfavorevole successiva al 2008.
Cittadini sempre più vicini alla mobilità ‘dolce’ e crescono Ztl, aree pedonali e ciclabili
Nelle Città metropolitane i cittadini residenti che si recano al lavoro-scuola in bicicletta o a piedi sono oltre un milione (1.016.658 nel 2011), dato che rispetto al 2001 registra un +12,7% a conferma di una tendenza positiva nel tempo che cresce seppur a ritmi lenti. Così come crescono le zone a traffico limitato, le aree pedonali e le piste ciclabili per favorire la mobilità ‘dolce’. 
Nel dettaglio la città dove, nel 2011 rispetto al 2001, si registra l’aumento più consistente di chi preferisce spostarsi in bici o a piedi è Firenze (+45%), segue Bologna (32%) e Torino (+17%). Del 2014 sono invece i dati Istat sulla mobilità urbana rielaborati da Anci, secondo cui dal 2008 i km2 delle Ztl sono aumentati del 14%, passando da 43,1 a 49,2. La città con più chilometri di Ztl è Milano (15,2 km2), poi Palermo (7,7), segue Roma (7,6), terza Firenze (5,2).
Anche le aree pedonali escluse al traffico veicolare sono cresciute, passando dal 2008 al 2014 a 431 ettari complessivi per un saldo positivo di +23%. La più ‘pedonale’ d’Italia è Venezia (132,3 ettari), poi Milano (53), Roma (48,4) e Torino (45,2). Prima città del Mezzogiorno e Napoli con 45,2 ettari di zona pedonale, più indietro Bari (15,6), Cagliari (15,5) e Messina (10,8).
In aumento sensibile anche le piste ciclabili, che passano dai 689 chilometri del 2008 ai quasi 1000 del 2014 con un incremento di 305 chilometri. L’aumento più sensibile si registra a Roma, seguita da Milano e Torino.

Infine la rete di car sharing. Secondo i dati Istat 2014 sulla mobilità urbana, l’offerta di auto condivise a postazione fissa nel 2014 ha raggiunto nelle Città metropolitane gli 808 veicoli (erano 586 nel 2011) anche se si registra una flessione rispetto al 2013 quando i veicoli disponibili erano 863.  E’ Milano ad averne di più (351), seguita da Roma (122) e da Torino (120). Sempre sul versante car sharing ma di libera circolazione, i due maggiori operatori del settore sono presenti in cinque delle 14 Città metropolitane (dati Car2Go e Enjoy), con un complesso di quasi 3.200 vetture con 680mila clienti registrati al servizio per un totale di 90 milioni di chilometri percorsi complessivamente dalle macchine. 

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"La necessità dell'uomo di muoversi il più liberamente possibile rimarrà un bisogno permanente. L'auto, rappresentando il mezzo di trasporto individuale per eccellenza, rimarrà anche in futuro e non sarà eliminata. Si ridurranno o si elimineranno del tutto le emissioni inquinanti, i problemi di approvvigionamento energetico e di sicurezza, ma rimarranno le problematiche connesse alla congestione ed alla vivibilità degli ambiti urbani derivanti dall'occupazione di spazio."
"Condizionando la localizzazione, le dimensioni, la densità, la progettazione ed il mix di funzioni nell'uso del suolo, la pianificazione locale può aiutare a ridurre la necessità di viaggiare, ridurre la lunghezza degli spostamenti e rendere più agevole per le persone camminare, andare in bicicletta o usare il mezzo pubblico. Tra le principali politiche si individuano la concentrazione dei generatori di domanda di trasporto nei centri urbani e nelle vicinanze dei principali nodi del trasporto pubblico; la localizzazione delle abitazioni nelle aree urbane esistenti, con aumento della densità sia per la residenza sia per altri usi, facilmente accessibili con modalità diverse dall'auto privata; la localizzazione nelle aree rurali, delle espansioni per residenza, lavoro, negozi, intrattenimento e servizi attorno a centri di servizi intesi come punti di riferimento anche per i trasporti; la protezione dei nodi e dei corridoi infrastrutturali che potrebbero costituire elementi di criticità nello sviluppo futuro delle infrastrutture."
"E' necessario rompere il circolo perverso costituito da autobus vuoti, automobili vuote, strade sovraccariche, pagare due volte per una mobilità sempre più ridotta. Per favorire l'uso del trasporto pubblico è necessario offrire un servizio di qualità. La qualità del servizio è il fattore capace di generare un circolo virtuoso: qualità del servizio, incremento dell'utenza, migliore rapporto ricavi-costi, maggiori risorse per gli investimenti, incremento del servizio e della sua qualità. Al sistema integrato dei trasporti e delle infrastrutture va riconosciuto il carattere di servizio sociale primario, importante strumento per il conseguimento di obiettivi di riequilibrio territoriale e socio-economico."
"Che si tratti di aeroporti, porti, strade, strade ferrate o vie navigabili, il prezzo d'uso delle infrastrutture dovrebbe variare secondo lo stesso principio, in funzione della categoria di infrastruttura usata, del periodo della giornata, della distanza, delle dimensioni e della massa del veicolo e di qualsiasi altro fattore che influenzi i livelli di congestione, il deterioramento delle infrastrutture e l'ambiente. Tutte le componenti dei costi esterni generati dall'attività di trasporto, ma assunti a carico della collettività anzichè delle imprese e degli utenti, sono state analizzate, pesate e confrontate per modalità e tipologia di trasporto. I dati prodotti evidenziano il peso economico determinante dei fattori distorsivi in atto nella concorrenza tra strada e rotaia."
"L'utilizzo dei carburanti tradizionali (benzine e gasolio) resta tra i principali fattori di inquinamento ambientale delle aree urbane, pur avendo fatto segnare negli ultimi anni importanti progressi sul piano della riduzione delle emissioni inquinanti, anche grazie ai miglioramenti qualitativi avvenuti in combinazione con una serie di innovazioni tecnologiche introdotte negli autoveicoli. I biocarburanti (biodiesel e bioetanolo, soprattutto) rappresentano indubbiamente una prima alternativa importante ai carburanti tradizionali. Allo stato dei fatti difficilmente sarà raggiunto l'obiettivo fissato dall'Unione Europea di sostituire nel 2010 con i biocarburanti circa il 5,7% della benzina e del gasolio. Un ritardo che però non mette in discussione la necessità di continuare a percorrere con convinzione la strada della sostituzione dei carburanti tradizionali. Altrettanto importante è la diffusione di quei carburanti che, nonostante siano anch'essi di origine fossile, presentano indubbi vantaggi ambientali rispetto alla benzina e al gasolio: metano e GPL, la cui diffusione nel sistema dei trasporti risulta ancora modesta, sebbene in crescita negli ultimi anni."
"Per le merci, la crescita è in gran parte legata all'evoluzione dell'economia europea e dei sistemi di produzione. Nel corso degli ultimi vent'anni, si è passati da un'economia di «stock» ad un'economia di «flusso». Tale fenomeno è stato accentuato dalla delocalizzazione di determinate imprese (in particolare quelle ad elevata intensità di manodopera) che hanno cercato in tal modo di ridurre i costi di produzione, spostando determinate fasi della produzione a centinaia e talvolta migliaia di chilometri dal luogo di assemblaggio finale o di consumo. L'eliminazione delle frontiere all'interno della Comunità ha contribuito allo sviluppo di un sistema di produzione «just-in-time» e di «scorte viaggianti». In assenza di misure correttive per utilizzare più razionalmente i vantaggi dei diversi modi di trasporto, nell'Europa dei 15 il traffico di mezzi pesanti aumenterà entro il 2010 del 50% rispetto ai livelli del 1998. Ciò significa che nelle regioni e sui grandi assi di transito già notevolmente congestionati aumenteranno i volumi di traffico. Anche la notevole crescita economica prevista nei nuovi paesi membri e lo sviluppo di migliori collegamenti con le regioni periferiche comporteranno un aumento dei volumi di traffico, soprattutto di quello stradale."
"Ogni attività economica è anche un atto di consumo energetico. L’energia e l’attività economica sono di fatto due forme della stessa sostanza: l’una non può sussistere senza l’altra. Storicamente, più l’uomo è stato attivo economicamente, più ricchezza ha creato, più energia ha usato per crearla. E’ un ciclo continuo: più ricchezza significa più acquisti; più acquisti determinano un aumento della domanda di prodotti che, a sua volta, richiede più fabbriche, più materie prime, e più viaggi con camion e treni dalla fabbrica al magazzino e dal magazzino al supermercato o al negozio sotto casa. L’economia globale è come una gigantesca macchina, costantemente impegnata a convertire l’energia in ricchezza. Si possono descrivere i progressi materiali di un paese in funzione del suo crescente appetito di energia e del successo che riscuote nel soddisfarlo. Le nazioni più ricche usano grandi quantità di energia, con grande raffinatezza e crescente noncuranza: a parte qualche sporadica lamentela sul prezzo della benzina o sulla bolletta della luce, la stragrande maggioranza di americani ed europei non si rende conto di usare energia, così come non si rende conto di respirare. Nell’arco dei prossimi vent’anni, i paesi con la maggiore domanda di energia saranno sempre di più quelli determinati a conquistare la stessa prosperità industriale che esiste nel mondo occidentale, ma ancora troppo poveri e tecnicamente arretrati per poter compiere scelte energetiche illuminate. I maggiori consumatori di energia del mondo sceglieranno proprio la via più rapida: continuare ad usare i combustibili, le tecnologie e le forme energetiche esistenti, gravando così ulteriormente su un sistema energetico obsoleto basato sugli idrocarburi e frenando lo studio e la ricerca di qualcosa di alternativo. "
Si deve puntare ad “armonizzare la convivenza tra i diversi sistemi di spostamento migliorando l’offerta di infrastrutture, mezzi e servizi: autobus confortevoli e rapidi, sedi protette per le biciclette, marciapiedi comodi e arredi urbani per stimolare la camminata, strade ben mantenute per ridurre il rischio di incidenti, chiare e diffuse segnaletiche orizzontali e verticali per favorire la guida dei veicoli privati”. E per questo “è indispensabile rivedere profondamente la strategia della convivenza tra i diversi sistemi di mobilità nelle città, con un’azione su tre fronti principali”: 1. La redistribuzione dello spazio urbano per assicurare maggiori opportunità di scelta in particolare alle soluzioni di mobilità non motorizzata, attraverso la diffusione delle misure di mitigazione della velocità, l’estensione degli spazi dedicati a pedoni e ciclisti (verde urbano, isole pedonali, piste ciclabili), la promozione di zone della città a basso impatto veicolare (quartieri car free, come nell’esperienza tedesca, olandese e inglese): 2. Il rafforzamento, nel numero e nel profilo, delle regole che disciplinano la guida dei veicoli privati e delle relative sanzioni; 3. Il rafforzamento dei sistemi di vigilanza e controllo (law enforcement) per assicurare la repressione delle infrazioni alla legge. La ricerca di un nuovo equilibrio produrrebbe una riarticolazione degli spazi urbani e dell’organizzazione del trasporto ad evidente beneficio della mobilità ecologica e di quella collettiva, senza ledere i diritti del trasporto individuale. A suggello di una politica urbana così orientata si può infine immaginare di promuovere uno statuto dei diritti e dei doveri di chi si muove in città (non solo i diritti degli utenti del trasporto pubblico, come proposto nel Libro verde europeo sul trasporto urbano), con l’obiettivo di dare trasparenza e legittimazione ad una fase nuova di definizione delle responsabilità (doveri), accanto alle libertà e ai diritti, in particolare per quanti oggi, in assenza di una cultura rigorosa della disciplina stradale, esercitano la prerogativa di circolare con il proprio veicolo da una posizione di forza, senza dover riconoscere il principio di “pari opportunità” a chi sceglie una diversa soluzione di trasporto.
Per diventare realtà, la motorizzazione a idrogeno (per non parlare dell'economia, a idrogeno) deve superare una quantità rilevante di ostacoli scientifici e tecnologici. Difatti, nonostante tutti gli annunci, è arcinoto che le case automobilistiche vedono il futuro nelle auto ibride e, poco più in là, in quelle puramente elettriche. «L'idrogeno potrebbe avere un impatto significativo dal 2050 in poi», dice John Heywood, direttore del laboratorio automotive all'MIT. E l'accento è su quel«potrebbe». Solo il 5% dell'idrogeno commercialmente disponibile viene dall'acqua, perché richiede troppa energia. Solitamente, viene ricavato dal metano e quindi addio ai benefici ambientali. L'unico modo per produrne tanto, e usando l'acqua, sarebbe con la fusione nucleare: una tecnologia non provata, che il mondo sperimenterà in Francia, con il progetto Iter, a partire dal 2030. E poi c'è lo stoccaggio. A parità di contenuto energetico, l'idrogeno occupa tre volte lo spazio della benzina. Si potrebbe liquefare a temperature vicine allo zero assoluto (-253 gradi) come fa la Nasa, ma ci vuole troppa energia. La Gm ha trovato il modo di comprimere l'idrogeno, ma ci vuole un serbatoio molto grande e robusto. Non bisogna dimenticare che l'idrogeno è l'atomo più piccolo e che, per sua natura, scapperebbe da tutte le parti. Inoltre l'idrogeno può esplodere. A questo scenario, aggiungiamo pure le difficoltà connesse al trasporto e alla distribuzione, e si capisce che gli ostacoli sono al momento insormontabili: nel mondo, ci sono oggi circa mille chilometri di condutture che trasportano idrogeno, ma costano un milione di dollari al chilometro. È certamente lecito attendersi una messe di invenzioni e di scoperte che ci avvicineranno sempre di più verso un'economia, e una motorizzazione, all'idrogeno. L'umanità ha anche altre opzioni nel suo cammino verso un'economia a bassa intensità di anidride carbonica. L'idrogeno potrebbe anche trovare un posto, nel nostro futuro.

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